Val del Chiese, il grido d'allarme degli allevatori: «Caro energia, latte pagato pochissimo. E magari arriva la peste suina»
L’assemblea di zona porta a galla tutte le preoccupazioni del settore: dalle remunerazioni troppo basse ai costi schizzati alle stelle. Con uno scenario ancora più inquietante
CHIESE. Una certezza e tante incertezze. Questa la sintesi dell'assemblea dell'Unione allevatori del Chiese dell'altro giorno. La certezza, che potrebbe trasformarsi anch'essa in incertezza: il presidente da oltre 15 anni, Antonello Ferrari, ha dichiarato la volontà di tirarsi indietro. Problema: trovane un altro se sei capace.
Assemblea non numerosissima, anche perché dei 25 allevatori alcuni avevano dato l'adesione alla manifestazione della Coldiretti che si sarebbe dovuta svolgere a Trento ieri, e invece è stata anticipata all'ultimo a giovedì.
Fra le incertezze la più grossa riguarda il futuro: lo hanno sottolineato le facce scure e le voci cupe degli allevatori. Motivo? I costi. Il ritornello riguarda tutte le categorie economiche. Se la bolletta per una stalla di cento capi arrivava a 1.000 euro fino all'autunno, con l'emissione di dicembre è schizzata a 2.000. «E siamo in trepida attesa della prossima», scandisce Ferrari.
Provando a mettere in fila i centri di costo, prima c'è il gasolio per l'autotrazione (che sarà pure scontato per l'uso agricolo, ma aumenta di pari passo con quello dei distributori. Poi c'è la corrente. Qui l'elenco comprende le mungitrici, l'apparecchiatura per il raffreddamento del latte (che esce dalla vacca a 37/38 gradi, va portato a 10/12 gradi per fare il formaggio e a 4 gradi se lo fai partire per lidi come Latte Trento per inscatolarlo), gli essiccatoi (senza non riusciresti a fare fieno secco in montagna), le attrezzature per la pulizia della stalla e infine le luci.
C'è chi ha messo i pannelli fotovoltaici. Con lo scambio sul posto si usa subito la corrente prodotta, ma le vacche si mungono al mattino quando il sole dorme ancora. Vero, ci sono le batterie, ma ci vogliono altri investimenti.
Per questo gli allevatori sono inquieti. «Anni difficili - ha denunciato Ferrari - e oggi si sono ancora più inaspriti a causa del caro prezzi delle materie prime (soia, cereali). Con l'invasione dell'Ucraina i problemi si sono intensificati a causa dell'aumento sproporzionato di questi giorni di carburanti, energia elettrica e gas. Ciò si ripercuoterà (anche se speriamo di no) sul prezzo del latte, viste le difficoltà delle Cooperative di trasformazione».
Basti pensare alle cifre offerte dal direttore di Latte Trento Sergio Paoli, quando con voce straziata tuona dell'aumento delle bollette da 60.000 a 245.000 euro al mese (dati 2021, attendere il 2022 per piangere ancor più).
Inutile accennare all'invocazione verso la Provincia, «perché vaghiamo nella totale incertezza», parole di Antonello Ferrari, «perché sarà pur vero che da una parte ci ha aiutati, ma dall'altra ha aiutato le aziende che fanno speculazioni senza fare presidio del territorio».
A Sella Giudicarie le malghe vengono affidate ai censiti. Ora il tribunale ha dato ragione ad un'Asuc solandra che ha affidato con trattativa privata, senza gara, un pascolo. Tutti esempi da seguire secondo Ferrari.Poteva mancare la questione grandi carnivori? Dopo le gesta di M49 la situazione si è calmata, facendo dire agli allevatori «che gli orsi problematici vanno rinchiusi».
Ora si avvicina un problema: la peste suina. E qui entrano in scena i cinghiali, che grandi carnivori non sono, ma massacrano la montagna. E sono portatori della peste suina, a causa della quale sull'Appennino hanno già chiuso pezzi di montagna a caccia, passeggiate, raccolta funghi. Immaginate se capitasse qua? Addio turismo.
Conclusione con ringraziamenti. A Claudio Cortella (presidente del Bim) per la sua presenza. A Maurizio Pellizzari per la sua assenza: il controllore zootecnico, andato in pensione, ringraziato per la sua passione. «Ci mancherà».