Cerimonia per i Lupi di Toscana, la Corte dei Conti condanna il sindaco di Castel Condino
Seimila euro per danno erariale, per aver organizzato una trasferta di banda e paesani a Firenze, a rendere omaggio alla brigata di fanteria che combatté a Boniprati nella Grande Guerra. Bagozzi: «Non hanno proprio capito la cerimonia»
CASTEL CONDINO. Condannato. La giustizia, si sa, muove passi lenti, tanto lenti che a volte sembra ferma. Ma prima o poi arriva. E dopo una ventina di mesi è arrivata a Castel Condino, il villaggio di poco più di duecento anime arrampicato sulla strada che dal fondovalle del Chiese sale verso l'altopiano di Boniprati.
È la giustizia contabile, che chiede al sindaco Stefano Bagozzi 6.000 euro per danno erariale e colpa grave.
La storia. Castel Condino è rimasto il comune più piccolo della valle del Chiese dopo che i suoi elettori (nell'ormai lontanissimo referendum del 2015) rifiutarono per una manciata di voti la fusione con Condino, Cimego e Brione. Da allora è governata dal sindaco Bagozzi.
Quella castellana è una comunità vivace: in passato per conquistare la poltrona di sindaco si sono spaccate famiglie. Però su due punti non si transige: la banda e i fanti.
Nel corpo musicale (che ha festeggiato il secolo nel 2020) sono rappresentate praticamente tutte le famiglie. Quanto ai fanti, sono i Lupi di Toscana, che nella Grande Guerra entrarono con l'esercito italiano e combatterono sull'altopiano di Boniprati, dove un ristorante (eterna gratitudine) è intitolato a loro.
E qui (non nel ristorante, ma fra i Lupi) arriva la Corte dei conti. Tre anni fa il Comune decise di onorare con un evento l'amicizia con i fanti Lupi di Toscana. Come accade in una piccola comunità, all'evento fu dato un taglio collettivo. Si partì con due pullman (si può dire mezzo paese) e con la banda per due giorni ricreativi sì, ma soprattutto solenni: incontro alla caserma dei fanti di Firenze, gagliardetti, medaglie, discorsi ufficiali, fiato alle trombe. Insomma, tutto ciò che si fa in simili occasioni.
Il Comune decise di intervenire (dopotutto si trattava di una cerimonia ufficiale) con un contributo di 6.700 euro per aiutare i partecipanti all'uscita. Non lo avesse mai fatto! Arrivò il censore, sotto forma di Corte dei conti, che bacchettò il sindaco e rappresentante legale della comunità castellana.
«Non dovevi spendere soldi pubblici per questa manifestazione!», si è sentito dire nella sostanza Bagozzi, il quale ha avuto un bello spiegare che la scelta del Comune (scelta politica) suggellava un rapporto di lunghissima data con un Corpo dello Stato. L'unica cosa che ottenne fu l'abbattimento della multa da 6.700 a 6.000 euro, perché le targhe sono state concesse.
Ora, come racconta uno sconfortato Stefano Bagozzi, «è arrivata la condanna». Cos'è successo? «I giudici hanno spiegato che il conferimento della cittadinanza onoraria avrebbe dovuto avvenire a Castello e non a Firenze. La banda, per capirci, avrebbe dovuto suonare a Castello, e non andare a Firenze».
Quindi avrebbero dovuto salire i fanti, come accadde nel 1916. E qui viene una battuta: non è che a quel punto la Corte dei conti della Toscana avrebbe beccato i generali per danno erariale? Come dire? ognuno a casa sua.
«Guardi - ragiona il sindaco - non hanno capito lo scopo dell'iniziativa. Non siamo andati a Firenze a fare festa. Siamo andati in una caserma militare a ricambiare la visita, perché loro sono saliti in massa a conferire a Castello l'onorificenza di Lupi ad honorem, così noi abbiamo ricambiato. Pazienza».
E ora? «Stiamo verificando con l'avvocato se sia il caso di ricorrere a Roma in appello. Vedremo». Resta il nodo delle spese nei piccoli Comuni: distrazione di denaro pubblico o decisioni su cui gli amministratori hanno autonomia di scelta?