Pino “color”: 60 anni di lavoro nel suo negozio a Tione
Dagli inizi difficili al boom dell’attività commerciale: «Da bambino niente scuola, c’era la guerra: subito tante occupazioni
TIONE. Le chiamiamo rocce per la loro solidità. Infatti ci parli assieme e ti rendi conto che per loro il tempo non passa mai. Troviamo Giuseppe Failoni, classe 1935, nel negozio di colori che gestiva (ma è ancora lì, sia pure con i figli Marie o Marcello), dopo sei decenni. Giuseppe Failoni.
«No, i me conosse come Pino color», esclama ridendo. «Niente scuola elementare perché c'era la guerra, perciò non sapevamo niente. Da ragazzi un po' più grandi ci hanno fatto due anni di corso serale d'inverno e ci hanno svegliato. Era istituto agrario. Quando è passato a commerciale, io me ne sono andato».
Niente scuola, ma lavoro minorile?
«No, infantile», non scherza.
E che tipo di lavoro?
«Tutti, tranne l'elettricista, perché ho sempre avuto paura della scossa. Ho fatto il contadino, il casaro. E il boscaiolo: assunzione approvata dal "Baffo", guardia forestale comunale Vittore Scandolari. Ho coltivato patate e fagioli; ho guidato per anni il camion del Comune. A un certo punto, però, sono andato via perché volevo migliorare la mia situazione, anche se devo dire che non avevo nessun problema con il Comune di Tione. Ho cambiato per lavorare nella pescicoltura Battocchi a Vigo Rendena, dove pigliavo una paga migliore. Anche lì facevo un po' di tutto: consegnavo trote con il camion fino a Predazzo e Pozza di Fassa. Andavo all'Istituto agrario di San Michele a prendere le bombole dell'ossigeno da mettere nelle vasche. Nel 1963 ho comperato il negozio e ho cambiato vita. In quell'edificio sono rimasto dieci anni, poi mi sono trasferito vicino al macellaio».
Com'è venuta l'idea di occuparsi di vernici e colori?
«Bella domanda. Lavoravo con i Battocchi. Un giorno vengo a Tione per acquistare colori nel negozio di Prospero, ma non ci trovo nulla perché la gente andava a comperare i colori da Balestra. Prospero mi dice che vuole chiudere perché è vecchio. A quelle parole mi faccio una domanda: perché una volta andava e adesso non va più? Lui vende e io compero con l'obiettivo di rilanciare».
E succede?
«L'inizio è stato duro, tant'è che un giorno l'Azienda elettrica è venuta a verificare il motivo per cui non si consumava corrente. E credo bene che non si consumava: avevamo una lampadina da quindici candele».
Roba da oscuramento anti aereo...
«Ho messo su una lampadina da cento candele, che faceva una bella luce. Così si è cominciato a vedere il negozio aperto, e funzionante. Venivano a prendere la pittura, ma io non ne sapevo granché. Andai a Trento, ma non trovai ditte che producevano colori: c'erano grossisti, ma io volevo rivolgermi ad una fabbrica. A forza di cercare trovai un indirizzo di Brescia. Ho scritto: sono Failoni Giuseppe, ho acquistato un negozio di colori a Tione. Mi chiedono la pittura da vendere al pubblico a 200 lire al chilo. Se avete due o tre bidoni da mandarmi per prova mandatemeli».
E li hanno mandati?
«Pochi giorni dopo con la corriera. E io li vado a prendere con la carriola. In quattro e quattr'otto sono finiti. Allora sono venuti loro con il camion. E vengono ancora dopo sessant'anni».
Cos'è cambiato dall'inizio?
«Tutto. Sono cambiati i prodotti e il sistema di lavoro. Intanto oggi siamo in dieci in azienda. Abbiamo macchine e furgoni».
Ed è finalmente in pensione? Nemmeno per scherzo. Pino continua a consigliare i clienti su come si deve usare il colore, perché vendere è soprattutto consigliare, prima che si facciano disastri. «E poi ha una velocità supersonica nel fare i conti a mente», racconta il figlio Marcello.
Lui, il "Pino color", sorride. Rocce, lo abbiamo detto.