Il caso / La sentenza

Bolbeno: diffamati per la pista da sci, sindaco e presidente della Pro-Loco risarciti

Aldo Collizzolli è stato condannato per diffamazione, considerando che le frasi erano contenute in uno scritto inviato via pec all'Avvocatura dello Stato in modo non riservato, e dunque posto alla possibile e probabile visione da parte di più soggetti

di Marica Viganò

BOLBENO. La delibera del consiglio comunale sull'accordo di programma per l'ampliamento dell'impianto sciistico di Bolbeno era stata contestata da Aldo Collizzolli, residente a Borgo Lares, ex bibliotecario di Ponte Arche, "libero pensatore" come ama definirsi e noto come "oppositore storico del sistema". Ma il sindaco Giorgio Marchetti - forte del parere dell'Avvocatura dello Stato, che aveva confermato la compatibilità del sindaco a partecipare al voto della delibera - aveva tirato dritto. Salvo poi sentirsi accusato di «gestione opaca», di «conflitto di interessi», di «voto di scambio».

«Non potevo permettere che si facessero accuse di questo genere, che si gettasse ombra sull'operato dell'amministrazione. Abbiamo 52 Comuni convenzionati. Per questo ho deciso di presentare querela» spiega il sindaco. Diffamazione è il reato contestato a Collizzolli, per una e-mail mandata attraverso posta certificata all'Avvocatura dello Stato: il giudice di pace Stefano Aceto lo ha condannato a 600 euro di sanzione e a risarcire il sindaco Giorgio Marchetti e il presidente della Pro Loco Roberto Marchetti, costituiti parte civile, con 2mila euro ciascuno.

I due Marchetti - che tra l'altro sono padre e figlio - avevano chiesto 10mila euro a testa per i danni morali e materiali. La parentela non è secondaria nella vicenda. La delibera contestata dall'imputato risale al 2019 in merito all'ampliamento della gestione dell'impianto sciistico di Bolbeno, il più basso d'Italia ad una quota di 600 metri, gestito dalla Pro Loco presieduta dal figlio del sindaco.

Nella pec inviata all'Avvocatura dello Stato Aldo Collizzolli, che si è appellato al diritto di critica, accusava Roberto Marchetti di una «gestione opaca» della Pro Loco, con bilanci da 700mila euro «redatti su carta di formaggio e "certificati" da revisori senza titoli». Sosteneva inoltre un conflitto di interessi per il sindaco Giorgio Marchetti per aver partecipato alle deliberazioni sulla pista da sci gestita dalla Pro Loco del figlio, arrivando anche a qualificare la vicenda come «voto di scambio» ed «elargizione di lavori da parte del sindaco».

Nella sentenza il giudice evidenzia che il contesto sociale in cui i fatti contestati si collocavano «non è certo un contesto di degrado culturale», dato che l'imputato stesso «in passato ha assunto ruoli pubblici» ed è dunque «consapevole dei limiti a cui occorre uniformarsi nella aspra critica politica». Critica che, in questo caso, va oltre il requisito della continenza «laddove l'imputato per contestare la decisione dell'Avvocatura, si spinge a diffamare le stesse persone offese».

Collizzolli è stato dunque condannato per diffamazione, considerando che le frasi erano contenute in uno scritto inviato via pec all'Avvocatura dello Stato in modo non riservato, e dunque posto alla possibile e probabile visione da parte di più soggetti.

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