Cinghiali, la moltiplicazione continua: a Mon due femmine con una decina di piccoli fanno disastri
È una storia travagliata quella del rapporto con il cinghiale nella valle del Chiese. D'altronde occorre dire che questo animale è di una fecondità gagliarda: otto, nove, anche dieci piccoli a parto. Come dire? Una battaglia persa?
PROVINCIA Caccia senza tregua ai cinghiali
VALLE DEL CHIESE. Fra Storo e Condino c'è una località chiamata Mon, un nucleo di case e masi classificato non a caso come centro storico anche se è lontano dai centri storici così come li conosciamo. Il luogo ha il suo incanto, circondato com'è da prati e campi.Il paradiso terrestre? No. Tanto più in presenza di un paio di famigliole (diciamo famiglione, perché di questo si tratta) di cinghiali, che (come mostrano le immagini) arano senza pietà i campi, oltretutto seminati con l'orgoglio della zona: il granoturco.
«Effettivamente - ci racconta l'assessore alle foreste di Storo Massimiliano Luzzani - in quella zona stazionano due femmine con una decina di piccoli». Non serve dire altro. Il disastro è lì a testimoniare che i cinghiali sono in splendida forma come sempre. Se proprio si volesse giocare con le parole, si potrebbe dire che da quasi quattro decenni nella valle del Chiese è arrivata la peste suina. Niente allarmi. Lo abbiamo detto, giochiamo con le parole. Non alludiamo alla malattia che sta mettendo in ginocchio alcune zone d'Italia, ma ai cinghiali in ottima salute immessi abusivamente sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso da cacciatori in cerca di emozioni diverse dal solito, cinghiali che si sono trasformati in una vera peste prima di tutto per i pascoli in quota, poi (quando decidono di scendere a valle) anche per le colture pregiate cui da queste parti tengono molto.
Scavando nel terreno fertile della memoria, escono ricordi di episodi che hanno visto coinvolte le istituzioni a molti livelli, nonché comitati più o meno spontanei.
Non si possono dimenticare, per esempio, le due prese di posizione (sotto forma di sollecitazioni alla Provincia) di vent'anni fa esatti che videro protagonisti da una parte l'Amministrazione comunale di Prezzo e dall'altra un comitato per la salvaguardia dell'ambiente.
Quest'ultimo reclamava l'applicazione dell'articolo 34 della legge 24 del 1991, là dove dichiarava l'eliminazione delle specie immesse abusivamente. Non si può dimenticare nemmeno il grido di dolore dell'allora sindaco di Prezzo, che minacciò di promuovere lo sciopero del voto se la Provincia non fosse intervenuta energicamente.
E intervenne, in effetti, molti anni dopo. Nel 2018 l'Associazione cacciatori scriveva ai suoi affiliati che a seguito del cambiamento della normativa «gli agenti di vigilanza, se sono in area a densità zero, possono effettuare il controllo senza limitazione di tempi e luoghi».
Nota a margine: controllo significa abbattimento. «Se sono in area di controllo possono intervenire, in caso di situazioni critiche, senza limitazione di tempi e luoghi. I cacciatori possono sparare in entrambe le aree in concomitanza con la caccia agli ungulati, dall'1 maggio al 30 giugno, dal 16 agosto al 31 dicembre».
Questo si diceva sei anni fa. E si potrebbe andare avanti con il conteggio delle centinaia di cinghiali sottoposti a "controllo" negli anni. Solo nella riserva di Storo e solo nel 2021 (giusto per citare un anno simbolico) sono stati abbattuti più di 150 esemplari. E l'anno successivo la sezione dell'Associazione cacciatori mise in programma quattro uscite straordinarie. Soffrono gli agricoltori e i proprietari di orti, ma talvolta hanno avuto problemi pure gli automobilisti. E qui entriamo nel campo della sicurezza stradale. Più di un proprietario di automobile potrebbe raccontarlo.
Insomma, una storia travagliata quella del rapporto con il cinghiale nella valle del Chiese. D'altronde occorre dire che questo animale è di una fecondità gagliarda: otto, nove, anche dieci piccoli a parto. Come dire? Una battaglia persa?