Mezzolombardo: il paese con il commercio nell'anima
Una targa all’ingresso del paese ricorda che Mezzolombardo è un centro storico del commercio in Trentino. E il commercio è rimasto l’anima di questa borgata immersa nel verde dei vigneti a nord di Trento, nonostante la crisi abbia messo in ginocchio il settore. Del resto qui il tessuto è variegato: si vive anche di piccola impresa, di agricoltura e di servizi e questa differenziazione si è rivelata un elemento positivo per l’economia della zona.
Per molto tempo Mezzolombardo (7.099 abitanti al 31 dicembre 2012) è stato considerato il centro della Piana Rotaliana ed anche il punto di riferimento dei paesi della Bassa Val di Non e dell’Altipiano della Paganella. Era il paese con l’ospedale - quindi era importante -, con le scuole, si celebravano addirittura i processi, il paese dei negozi, quello che si incrociava per primo nell’andare a Trento. Una serie di elementi concatenati, negli anni, hanno attaccato questa centralità, facendola offuscare. E la classe politica locale, tutta, ha ragionato, rincorrendo modelli che si stavano sgretolando.
I primi segnali che qualcosa stava cambiando sono arrivati con la crisi dell’impresa: nel giro di un decennio si è azzerato l’intero comparto tessile, che era un punto forte dell’economia in Rotaliana e che in poco tempo ha lasciato senza lavoro decine di persone e, di conseguenza, messo in difficoltà decine di famiglie.
«Ci sono ancora aziende locali però che vanno molto bene» sottolinea Mauro Mendini, presidente della Cassa rurale di Mezzolombardo e San Michele all’Adige. Il suo è un osservatorio privilegiato sull’economia locale. «Quelle che non hanno problemi - continua - sono soprattutto quelle che lavorano con l’estero e che sono strutturate in un certo modo. Altri invece soffrono anche qui, esattamente come nel resto d’Italia. Chiudono, hanno difficoltà a reimpiegare la forza lavoro soprattutto quando a doversi reinventare sono persone non più giovani».
Una nota positiva in questo contesto arriva dall’agricoltura. «Questo settore negli ultimi anni ha tenuto - spiega ancora Mendini - una percentuale della popolazione dunque resiste alla crisi con il risultato che l’economia soffre meno di altre zone dove, ad esempio, si vive solamente di industria. Ne è prova il fatto che in Piana Rotaliana c’è qualche azienda giovane anche in agricoltura, ora. Generalmente è un’attività che si tramanda di padre in figlio perché altrimenti, dovendo partire da zero, l’investimento è improponibile di questi tempi».
Il comparto più importante resta comunque quello del commercio, con oltre duecento esercizi pubblici. E nell’era della crisi economica, del reddito non più sicuro e del potere d’acquisto che cala, ad essere maggiormente colpiti ora sono gli esercizi commerciali di periferia, a conduzione familiare, le botteghe storiche che hanno fatto della qualità e del rapporto umano, e giornaliero, con il cliente una ragione identitaria. Oggi, il male assoluto in che cosa viene individuato? Nei progetti dei centri commerciali.
A Mezzolombardo, come a Lavis, cambia poco: «Se aprono loro chiudiamo noi» è il Leitmotiv del momento. Non è un caso che, all’ultima assemblea della comunità di valle, quella di fine anno, nella quale si discuteva di Masere e di Valman (ex tessile, fra l’altro) c’era il pubblico delle grandi occasioni. La questione è complessa. I centri commerciali sono accusati di arrecare danno ai negozi che ruotano attorno al centro, tuttavia le botteghe storiche per sopravvivere necessitano di un paese con servizi, dotato di parcheggi, con una viabilità interna ed esterna funzionale all’attrazione dei clienti.
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«Le grandi catene qui non apriranno mai, ma servirebbero per attirare un po’ di gente in centro» ammette Liliana Weber, commerciante a Mezzolombardo da quasi trent’anni. Nata e cresciuta in Rotaliana, impegnata nel Consorzio InCentro per cinque anni dal 2002, da dietro il bancone della sua tabaccheria ha visto cambiare il settore e con esso anche l’identità stessa della borgata. «Mezzolombardo con gli anni ha perso la sua identità di centro commerciale - spiega -. Abbiamo ancora dei negozi storici che fanno da traino, perché c’è chi viene apposta sapendo di trovare qualità e vasta scelta. Però è il target che è diverso: i giovani cercano altro».
«I negozianti - racconta Gino Pomella, presidente del circolo Acli ed ex consigliere comunale - ormai vivono da anni a Mezzolombardo, ma sono arrivati la maggior parte dalla val di Non. Una volta però avevano più il senso del commercio, oggi secondo me non hanno una strategia di base. È impensabile tenere il centro aperto alle macchine: abbiamo una brutta viabilità, mancano strade e piazze accoglienti. Non abbiamo timore a dire che se ci sono responsabilità sono anche loro, dovevano dire “mettiamo a posto il centro storico”. Invece non sono organizzati tra di loro e fanno fatica a trovare gente che si impegni».
Le aspettative di chi vive di commercio e di chi sognava uno sviluppo anche turistico della Piana con al centro la valorizzazione del Teroldego (di recente quello della Cantina Rotaliana è stato premiato come uno dei migliori vini italiani), rischiano purtroppo di scontrarsi con i tempi della realtà, decisamente diversa dai sogni. Mancano i fondi per poterlo fare. Ma come è possibile, viene da domandarsi, che il paese con uno dei vini più eccellenti d’Italia non abbia una vocazione turistica? Il modello della Bassa Atesina dovrebbe insegnare qualcosa. Spezziamo per una volta una lancia in favore del sindaco uscente: Anna Maria Helfer ha sempre creduto in questo ma non è stata presa sul serio.
Apriamo un ultimo capitolo per parlare a tutto tondo di Mezzolombardo e della sua evoluzione, quello dei servizi. Con la chiusura del San Giovanni se ne è andato, forse, quello più importante, ovvero il presidio ospedaliero. Sul futuro ospedale, nonostante il cantiere, i punti di domanda rimangono troppi. Vanno bene i tavoli, l’ottimizzazione delle risorse anche, pensare ad ogni paese con un ospedale, magari con dottor House ad accoglierci, è un sogno. Tuttavia ci vuole chiarezza da parte del governo provinciale: un «no» è più gradevole di tante promesse campate in aria.
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«Ci sono state assemblee infuocate sulla questione dell’ospedale che è stato abbattuto - ricorda infine Liliana Weber - ed in quelle sedi erano state date garanzie alla popolazione sul fatto che i servizi sarebbero rimasti. Garanzie che poi, però, passano col passare del tempo. La gente si era fatta avanti, aveva protestato, ma se non c’è qualcuno che fa da traino anche queste iniziative si smorzano. L’importante adesso è che non tolgano altri servizi a Mezzolombardo!».
VIABILITÀ: UN NODO IRRISOLTO
La viabilità è uno dei tasti dolenti per Mezzolombardo, e non da oggi. È la questione che ha fatto discutere amministratori e residenti per anni quando si trattava di decidere se realizzare oppure no la galleria che doveva portare il traffico fuori dalla borgata. Ma è un tema che tiene banco tuttora. Tiene banco dentro e fuori il palazzo comunale, con l’accusa che il freno a mano sulla sistemazione delle strade e sull’abbellimento è ancora troppo tirato.
L’amministrazione uscente, guidata dal sindaco Anna Maria Helfer, ha proposto un progetto (osteggiato dall’opposizione) di rivisitazione degli ingressi alla borgata (sono previsti un accesso da via Garibaldi e uno da via Degasperi), con una pista ciclo pedonale a collegarli. Sono stati individuati alcuni nuovi posti auto e la nuova piazza delle Erbe, con la piazzetta collegata di corso del Popolo, che dopo anni di polemiche furiose, ha prodotto discreti risultati, soprattutto durante gli eventi estivi organizzati da Pro Loco e commercianti.
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Tuttavia il lavoro da fare, e soprattutto i soldi da trovare, sono un impegno difficile per chiunque vincerà le elezioni della primavera prossima. Nonostante il problema sia da tutti sentito. «Il commercio ha bisogno di passaggi ma la paura è che l’ipotesi di modifica dei sensi di marcia della viabilità interna al paese non aiuti ad incrementarli - afferma Liliana Weber, commerciante - speriamo che il Comune non lo riesca ad attuare: per questo è stata avviata una raccolta firme. Il progetto prevede sensi unici in centro e due soli accessi. In questo modo non si può più entrare come una volta e questo favorisce soltanto i centri commerciali.
La protesta stavolta ha coinvolto anche gente nuova tra i negozianti, certo è difficile fare rete perché in fondo in questa categoria sono tutti un po’ individualisti». La questione, dunque, continua a far discutere. E divide il paese. «Mezzolombardo, negli anni, è cambiata proprio per la viabilità che ha modificato l’aspetto principalmente commerciale, a mio modo di vedere in meglio» commenta Mauro Mendini, presidente della locale Cassa rurale. «Prima la colonna di auto era costante tutto il giorno, e chi sta ore in colonna non si ferma. La parte commerciale ha dovuto evolversi e ora chi si ferma a Mezzolombardo lo fa perché qui trova quello che da altre parti non trova. Anche l’intervento fatto in centro e non ancora concluso ha migliorato la vivibilità. Si può fare di più, ma facciamo un passo alla volta».
Visioni opposte, dunque, specchio delle diverse correnti di pensiero all’interno della comunità. Weber incalza: «La possibilità di accesso ai negozi e al centro ed i parcheggi sono fondamentali per chi vuole venire da noi. Ma dobbiamo pensare anche ad un motivo per farli arrivare qui: Rovereto ha il Mart, Trento il Muse e molto altro, noi non abbiamo “qualcosa”. Bisognerà pensare per il futuro a puntare sui prodotti locali, sull’agricoltura. Oppure cercare delle sinergie con l’altipiano.Vedremo le proposte della nuova amministrazione in tal senso».
C’è anche chi sostiene, come Gino Pomella, presidente del circolo Acli del paese, che tra le scelte fatte e quelle rimaste incompiute manchi una regia. «Noi speravamo che con la galleria si riducesse l’effetto traffico in paese, invece oltre a tutti i mezzi pesanti che nella galleria non possono entrare, sulla strada che attraversa Mezzolombardo transitano anche tutte le macchine che escono dall’autostrada e che ormai sanno che questa è la via più breve per raggiungere la loro meta. Hanno tentato di rallentare con i semafori, ma sono serviti a poco. È anche una questione di sicurezza, visti i continui investimenti pedonali. Sono anni che chiediamo il verde per i pedoni quando c’è il rosso per gli altri, ma non è ancora stato fatto». Per Pomella «sono stati spesi parecchi soldi senza avere una progettualità». «In consiglio, anni fa, avevo proposto di provare ad immaginare Mezzolombardo da qui a vent’anni. Non potevamo certo farlo noi, andava chiesto ad un tecnico. E a suo tempo economicamente tutte queste cose si potevano fare, guardando oltre. Lo stesso interramento della Trento-Malè, che con la sua linea ha sempre spaccato il paese anche quando era a ridosso della montagna, era fattibile: peccato che non abbiano spinto abbastanza per farlo ed abbiamo perso quel treno».
Poteva essere un volano economico anche la piscina. La mancata approvazione della variante al Prg ha portato al pasticcio che, ad oggi, sono contemplate due aree per costruirla. Ma i fondi non ci sono più. Addio ai 7,5 milioni di euro. Restano, al momento, le promesse della Provincia di un possibile rifinanziamento futuro. Si è perso troppo tempo e nonostante l’opera fosse intercomunale la sola idea di farla a due chilometri, sul comune di Mezzocorona o San Michele all’Adige, ha scatenato le paure campanilistiche più primordiali. I ponti sono fatti per essere attraversati, non per dividere.
GLI EFFETTI DELLA CRISI
Partiamo dalla crisi economica. I dati forniti dal presidente del Tavolo della solidarietà, Luigi Moresco, fotografano una situazione allarmante. Se a rivolgersi alle associazioni di natura sociale un tempo erano gli stranieri, perdenti posto, oggi sono sempre di più gli italiani. Anche a Mezzolombardo, come sta accadendo altrove. L’aiuto (nel 2014 sono state attentamente valutate 88 richieste) viene richiesto per far fronte alle spese ordinarie, ma anche nell’acquisto di viveri e di generi di prima necessità.
C’è difficoltà a trovare un alloggio per via degli affitti troppo cari e persiste il problema della mancanza di lavoro. Ma le necessità riguardano anche le situazioni che si creano in seguito ad una separazione coniugale e quelle legate alle varie dipendenze.
Non siamo in presenza di una povertà diffusa, ci mancherebbe e, quindi, al bando il catastrofismo. Tuttavia, c’è un’inversione negativa di tendenza e «nuovi poveri» emergono anche in questo territorio.
«La nostra vera preoccupazione è l’occupazione - racconta Gino Pomella, presidente del circolo Acli - per questo nel 2009 abbiamo formato il Tavolo della solidarietà a cui partecipano il Comune, la parrocchia, l’associazione San Vincenzo, la Caritas e le Acli». L’esperienza è stata attinta dalla Diocesi di Milano e, anno dopo anno, ha preso piede scoprendo nuovi bisogni tra la gente. «Le risposte ad alcune richieste - si legge nella relazione del Tavolo per l’attività svolta nel 2014 - servono come primo soccorso in attesa di più solidi interventi messi a disposizione dalle istituzioni provinciali e statali».
«Nel 2014 abbiamo aiutato 39 famiglie, per un totale di 102 persone, con i fondi raccolti - ricorda Pomella -. 21 mila euro sono stati distribuiti per aiutare le persone a pagare le bollette, i canoni dell’Itea, perfino la colonia per i figli in certi casi. Inoltre abbiamo distribuito 780 pacchi viveri (erano 605 nel 2013) aiutando in questo caso 2.200 persone, contro le 1.700 dell’anno precedente. Ora stiamo cercando di arrivare agli anziani più bisognosi, perché la vera emergenza sono loro che non sono abituati a chiedere, hanno la loro dignità».
È proprio questa la nuova «missione» del Tavolo della solidarietà: tendere la mano a tutte quelle persone che nascondono il loro bisogno dietro una grande dignità e non chiedono aiuto. «Sono soprattutto gli anziani - continua il presidente Pomella - che non sono abituati a chiedere. Quando riusciamo ad avvicinarci a loro, in punta di piedi, di solito basta poco per poterli aiutare. Assieme a qualche persona di buona volontà, in alcuni casi, siamo riusciti a ritinteggiare la casa ed anche a fare delle piccole riparazioni».
CASSE RURALI: TEMPO DI FUSIONI
Se in Piana Rotaliana ancora non si parla di fusioni tra i comuni del territorio, i tempi sono maturi ormai per parlare di fusioni tra le Casse rurali. O quasi.
«La Federazione ha presentato un progetto per il Trentino sulle fusioni - spiega il presidente della Cassa rurale di Mezzolombardo e San Michele all’Adige, Mauro Mendini - ci dicono che il futuro è questo ma anche che ogni cassa è autonoma. Per la Piana Rotaliana hanno previsto una cassa unica, com’è logico per altro, ma non è ancora arrivato il momento. La Federazione infatti farà un passaggio ulteriore di “operazione ascolto” sul territorio, poi decideremo il da farsi».
Mendini non si dice contrario a questo processo, forte anche dell’esperienza già vissuta con la fusione della Cassa che presiede alla Cassa rurale di San Michele all’Adige.
«Noi - ricorda - anni fa abbiamo già fatto la fusione con San Michele all’Adige, chiaro che ora le Casse più vicine sono quella di Mezzocorona e Roverè della Luna. Non è un problema di rapporti arrivare alla fusione, ma di vedute. E non è nemmeno prematuro, sarebbe “stramaturo” ma non abbiamo avuto incontri ancora, aspettiamo questo passaggio della Federazione ma credo proprio che il nostro futuro sarà questo. Quando avverrà non lo so dire, bisogna avere tanti presupposti. Un passo alla volta».