Il Comune di Zambana mette a disposizione altri tre ettari per coltivare asparagi
Per i coltivatori di asparagi è tempo di tirare le somme sulla stagione ormai conclusa: la quantità prodotta sui dieci ettari di territorio comunale vocati all’asparagocoltura si aggira complessivamente sui 500 quintali, più o meno come l’anno scorso. Si poteva produrne di più, poiché la stagione era partita benissimo con le calde giornate di marzo. Però, le gelate di fine aprile hanno compromesso la produzione e così gli asparagocoltori hanno dovuto accontentarsi di raggiungere la stessa produzione dello scorso anno.
La produzione complessiva ha prodotto un reddito di 450.000 euro poiché il prezzo, mediamente, è rimasto invariato rispetto l’anno scorso: 9 euro al chilo.
Con i tre ettari di terreni coltivabili messi a disposizione dall’amministrazione comunale, proprio per incentivare la produzione dell’asparago bianco di Zambana, il prossimo anno il raccolto dovrebbe salire a 650 quintali, senza escludere che, potenzialmente, la superficie di coltivazione delle spargine potrebbe ancora aumentare con la riconversione delle campagne; infatti, alcuni contadini hanno già abbandonato la frutticoltura poiché rende poco, trasformando le loro campagne in coltivazioni di asparagi. Sempre riguardo la produzione, il marchio De.Co. (Denominazione Comunale) dell’asparago bianco di Zambana ha raggiunto una quantità del 40% sul totale dei 500 quintali, mentre il rimanente 60% è raccolto dai soci di Zambana dell’Asta (Asparagocoltori trentini associati) e da singoli privati.
I 500 quintali raccolti, bastano per soddisfare la domanda del mercato? «Bisogna subito dire - risponde Roberto Pilati, presidente dell’associazione De.Co. - che non ci sono grossisti che acquistano i nostri asparagi per rivenderli sui grandi mercati. È difficile commercializzare l’asparago proprio perché andrebbe consumato entro le 24 ore dalla sua raccolta. Portandolo in un negozio, tra l’esposizione alla luce e la manipolazione dei venditori e dei consumatori, l’asparago perde le sue proprietà organolettiche e tende a diventare legnoso. Difficile, quindi, trovare grossisti o entrare nella grande distribuzione alimentare. Direi che la domanda, nell’ultimo quinquennio, è aumentata di un 30%, ma solo da parte di clienti privati, singoli fruttivendoli o ristoratori».
Un prodotto di nicchia, quindi, per veri buongustai e intenditori. E, a conti fatti, Pilati aggiunge che per soddisfare la domanda servirebbero almeno 200 quintali in più: «Con i tre nuovi ettari di colture messi a disposizione dall’amministrazione comunale, l’anno prossimo la nostra offerta dovrebbe riuscire a soddisfare la domanda».
Cos’è cambiato nella vendita, rispetto al passato? «Abbiamo notato che se, fino poco tempo fa, la gente veniva nei nostri punti vendita per acquistare un mazzo di asparagi da un chilo, adesso il consumo delle famiglie è parecchio aumentato: infatti, i nostri clienti acquistano mediamente quattro o cinque chili alla volta e pochi, o nessuno, chiedono le confezioni da un chilo».
E l’asparago confezionato nei vasetti, si vende? «Siamo solo all’inizio. Però, finisce nel confezionato solo una quantità per uso proprio di noi coltivatori; non avanzando il fresco, perché in stagione a fine giornata risulta tutto venduto (mediamente quattro quintali al giorno), cosa ci mettiamo nei vasetti?». D’altro canto l’asparago fresco è molto più saporito di quello conservato. E i buongustai lo sanno bene.