A piedi sulla pista di downhill è stato investito e ha causato la caduta di un biker: il giudice lo condanna a risarcire
Mezzolombardo, la sentenza diventa un conto salato per l'escursionista che risaliva il percorso dedicato alle mountain bike e vietato ai pedoni: 4 mila euro tra multa, provvisionale per il risarcimento danni e spese processuali
TRENTO. Le regole valgono non solo per le bici, ma anche per i pedoni. Nel caso specifico, non solo per chi pratica downhill, ma anche per chi passeggia sul sentiero dedicato alle due ruote: il giudice di pace di Mezzolombardo ha infatti condannato un uomo che, camminando lungo la pista predisposta alle discese in mountain bike, ha causato la caduta di un pilota. Per l'imputato, tra l'altro travolto dalla bici e caduto pure lui, il conto è salato perché supera i 4mila euro tra multa, provvisionale per il risarcimento danni e spese processuali.
Risale al 15 agosto del 2020 l'incidente che ha causato alla parte offesa, ossia al pilota che era in sella alla mountain bike, lesioni guaribili in un mese. Il referto medico, come testimonia il certificato di dimissione dell'ospedale, indicava una sublussazione della spalla destra, un trauma distorsivo rachide cervicale e diverse escoriazioni. Una caduta rovinosa che, come è stato ricostruito in aula davanti al giudice Antonio Orpello, il biker non aveva potuto prevedere ed evitare. Il motivo è la mancanza di visibilità - sia per il pilota che per l'escursionista - a causa di un dosso.
Da evidenziare che si trattava di una pista dedicata al downhill, in Paganella, per percorrere la quale il pilota - un turista toscano - aveva acquistato lo skipass giornaliero per l'utilizzo degli impianti di risalita. Erano circa le 16 del giorno di Ferragosto quando, come ha riferito la parte offesa, "in prossimità di un dosso completamente cieco" si è trovato davanti una famiglia e ha investito uno dei gruppo, il padre.
Nel dibattimento è stato ricostruito l'accaduto e, attraverso le testimonianze, accertato che le persone a piedi stavano percorrendo "contromano la pista dal basso verso l'alto" e dunque per il biker non c'era stata la possibilità di vederle e di schivare l'impatto. "Sui luoghi - si legge nella sentenza - vi era una segnaletica che qualificava la zona come area soggetta alla circolazione di mountain bike e, dunque, del pericolo in atto, non prevenuto e non evitato dall'imputato che si era reso non visibile in quel momento, non prevedibile (su una pista dedicata) e, dunque, non evitabile".
I fatti sono stati confermati da un testimone, che ha assistito dall'incidente dall'impianto di risalita sul quale si trovava in quel momento, e che ha dichiarato che "dal dosso non era possibile vedere le persone sulla pista se non dopo il salto".
La pista, come hanno riferito le forze dell'ordine intervenute, è riservate alle mountain bike "come da cartelli apposti di cui uno di essi era stato abbattuto".Un testimone della difesa ha riferito che "stavano attraversando la pista per raggiungere dei prati più alti della montagna" .
Ha testimoniato anche il figlio dell'imputato, che si trovava un po' indietro e aveva assistito all'incidente, confermando che non era possibile vedere il ciclista a causa di un angolo cieco. Il giudice Orpello ha evidenziato che la persona offesa circolava su una pista dedicata: l'impatto era stato inevitabile per il biker, che aveva riportato lesioni "addebitabili alla condotta imprudente e imperita dell'imputato", che si trovava contromano su una pista interdetta ai pedoni "e, per tale motivo, sia pure per colpa, provocava il sinistro".
L'imputato è stato condannato ad una multa di 400 euro, al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni (in separata sede) alla parte civile con provvisionale provvisoriamente esecutiva di 2.000 euro e al pagamento delle spese di costituzione di parte civile pari a 1.700 euro. Ma. Vi.