La foresta sommersa
Le analisi del Cnr lo fanno risalire ai tempi della Prima Crociata
L’albero sommerso per ora più antico di Tovel, un abete bianco inclinato, ancorato sul fondo con le sue radici, risale ai tempi della Prima crociata. Le analisi dendrocronologiche effettuate dal Crn Ivalsa di San Michele all’Adige indicano che quell’abete iniziò a crescere, presumibilmente vicino al lago, nell’anno 1089, una data che l’orologio della storia collega a Papa Urbano II. Ma le datazioni effettuate nel laboratorio Cnr riguardano anche gli altri esemplari della straordinaria «foresta sommersa» che giace sul fondo del golfo nord-orientale del lago, ad una profondità che va dai 14 ai 20 metri.
Le analisi sugli anelli di accrescimento degli altri abeti bianchi hanno ricondotto anche la loro genesi al basso Medioevo, datandoli al 1197, al 1275, al 1383, al 1392, al 1397 e al 1400. Per tutti e sei la morte sarebbe sopraggiunta alla fine del Cinquecento, mentre l’esemplare più antico avrebbe cessato di vivere nel 1345, forse per cause diverse dal’innalzamento del livello del lago che viene datato al 1597.
Il rilievo e il prelievo dei campioni dalle piante sommerse si devono ad un team formato dal professor Tiziano Camagna, da Andrea Forti e Nicola Maganzini, dagli archeologi Alessandro e Luca Bezzi, dal geomorfologo francese Carlo Oetheimer, con la collaborazione dei ricercatori del Cnr Ivalsa Mauro Bernabei e Jarno Bontadi. Sono undici i campioni analizzati finora che - come spiega Mauro Bernabei - hanno reso possibile la costruzione di una serie, una «curva dendrocronologica» che viene ora utilizzata come importante riferimento per altre datazioni nel resto d’Italia. Gli alberi di Tovel, che le analisi indicano essere stati sommersi nel 1597, probabilmente da un cataclisma che determinò l’innalzamento del livello del lago di una ventina di metri, consentono di «tornare indietro» per circa 400 anni e hanno così permesso di datare elementi lignei della cupola del Battistero di San Giovanni (1268) e del Campanile di Giotto a Firenze.
Camagna e il team di archeologia subacquea hanno mappato con precisione la «foresta sommersa», prelevando i campioni di otto abeti bianchi, di un abete rosso e due faggi. Le analisi del Cnr Ivalsa, che hanno permesso di datare gli abeti bianchi fra il 1089 e il 1597, costituiscono ora un punto di partenza per ulteriori studi: non solo per la datazione di elementi lignei della stessa specie, ma anche per lo studio della loro longevità, per le ricostruzioni dei microclimi del passato e delle stesse vicende idrogeologiche del bacino di Tovel.
Sulla base degli studi che vi ha condotto, il geomorfologo Oetheimer ritiene infatti possibile che più fasi, avvenute a partire dal ritiro glaciale, abbiamo mutato le dimensioni e il livello del Lago di Tovel, che inizialmente avrebbe avuto una profondità inferiore a quella attuale. Alla sua genesi tardiglaciale, il lago sarebbe stato notevolmente più piccolo dell’attuale. Alla fine del Cinquecento, il lago si sarebbe alzato e si sarebbe esteso a nord-est a causa di una frana, sommergendo - ipotizza lo studioso - 23 ettari di biocenosi forestale. La frana avrebbe modificato il fondale modificando la conca originaria, dove si trovano i sedimenti glaciali, e originando quella dove si trovano gli alberi sommersi. Sarebbe poi seguita una terza fase, di abbassamento del livello dell’acqua a quello che vediamo oggi.
Lo studio della foresta sommersa, intanto, è divenuto anche il tema di uno stage per gli studenti del Liceo Russell di Cles: supportati dall’Arc Team e dai ricercatori del Cnr Ivalsa, con Camagna ed altri docenti affronteranno un percorso fra archeologia e dendrocronologia.