A Senale ritrovato tronco di abete risalente a 2.800 anni fa
Quando Lorenz Weiss ha scorto la corteccia che affiorava orizzontalmente nella scarpata sotto Maso Roatnocker, a 1.340 metri di altitudine, ha pensato che si trattasse dei resti di un piccolo tronco e si è messo a scavare, con un piccone, per estrarli e ripulire il terreno.
Ma invece di qualche minuto, gli sono serviti giorni, perché più scavava, e più il tronco si rivelava per ciò che era stato: un albero di notevoli dimensioni. Alla fine, dal terreno, è emerso un esemplare di 3-4 metri di lunghezza per 1 metro di diametro.
Come diavolo avesse fatto, un albero simile, a finire lì, completamente sepolto dall’argilla che compone il fondo della scarpata, è stata la prima domanda che si è posto Lorenz, che lavora col fratello Georg nel suo maso (un’azienda agricola biologica) al confine tra Trentino e Alto Adige, in fondo alla strada di Senale, in mezzo ai boschi composti da abeti e larici. Il secondo interrogativo, innescato dal primo, è stato: «per quanto tempo è rimasto qui, questo albero?».
E così, più che incuriosito, Weiss (che nella zona dell’Alta Val di Non accompagna anche turisti), si è messo in contatto con Mauro Bernabei, direttore del Laboratorio di Dendrocronologia del Cnr-Ivalsa, che ha sede a San Michele all’Adige, per chiedergli di analizzare il tronco.
Bernabei, che da diversi anni lavora a questo progetto che, grazie all’analisi degli anelli di accrescimento di antichi esemplari di alberi, permette di ottenere preziose informazioni su quanto accaduto in un certo ambiente e in un lasso di tempo importante, ha provato a datare il reperto: «Ho contato 270 anelli di accrescimento nel tronco ma non sono riuscito a ricostruirne con certezza l’età, perciò ho fatto ricorso alla datazione al radiocarbonio». Il risultato è stato all’altezza delle aspettative: «Il tronco è un esemplare di abete bianco - spiega lo scienziato - che risale a 2.800 anni fa circa».
Dunque, un altro importante ritrovamento dopo quelli avvenuti in questi anni grazie anche alla collaborazione con l’Ufficio distrettuale forestale di Malè guidato da Fabio Angeli: solo per ricordarne alcuni tra i più clamorosi, nel 2007 dalla torbiera del Tonale era emerso un abete rosso di 4.600 anni prima di Cristo, nel 2016 un pino cembro di quasi 5.000 anni era affiorato dal lago del Mandrone.
«In questi siti d’alta quota - prosegue Bernabei -, essenzialmente torbiere e piccoli laghetti posti tra i 1.600 e i 2.000 metri di quota, si recuperano tronchi che a prima vista sembrerebbero tutto sommato recenti. Invece sono legni subfossili, perché anche se non è iniziato il processo di fossilizzazione, sono comunque antichissimi».
Il responsabile del Laboratorio, insieme al ricercatore Jarno Bontadi e ad Angeli, in questi anni è riuscito a raccogliere e a datare centinaia di esemplari, ricostruendo una cronologia di circa 11.000 anni: «La cosa interessante - sottolinea Bernabei - è che quello rinvenuto a Senale è un abete bianco, che costituisce appena l’1% circa dei campioni raccolti in questi anni (il 99% sono larici, abeti rossi e pini cembri)».
Questo permetterà al Laboratorio di Dendrocronologia di arricchire il database in via di formazione che rende possibile non solo ricostruire l’evoluzione climatica e ambientale di una certa zona, ma anche datare con precisione i manufatti umani coevi: «Dentro gli anelli di accrescimento sono riportate le informazioni di quello che è successo in un certo ambiente e in un certo periodo: questo ci permette di capire quali modificazioni ci sono state nel tempo e di costituire un database formidabile per ricostuire la storia di un territorio, spaziando da aspetti umanistici (archeologia e storia dell’arte) ad aspetti naturali, ecologici e climatologici».