Presena, trovano un ordigno bellico Lo prendono in mano ed esplode
Due ragazzi spagnoli di 21 e 23 anni sono rimasti feriti ieri pomeriggio a causa dell’esplosione di una munizione tracciante rinvenuta a 3 mila metri di quota, sul ghiacciaio della Presena. Questa volta a rischiare la vita non sono stati dei “cacciatori di residuati”, ossia gli appassinonati che vanno sulle montagne alla ricerca di materiale risalente al periodo bellico, ma due alpinisti che in maniera casuale si sono imbattuti nella munizione.
L’incidente è avvenuto verso le 15. Da una prima ricostruzione i due ragazzi avrebbero trovato l’ordigno all’ingresso di una cavità nella parte alta del ghiacciaio, nelle vicinanze della cabinovia Presena, verso il passo del Lago Scuro. Dopo l’esplosione, alcuni testimoni che si trovavano nei pressi del luogo dell’incidente hanno dato l’allarme al Numero unico per le emergenze 112. Vedevano i due feriti da lontano, feriti ma vivi.
Il coordinatore dell’Area operativa Trentino occidentale del Soccorso alpino ha chiesto l’intervento dell’elicottero che ha trasportato in quota il Tecnico di Elisoccorso e l’equipe medica con una prima rotazione e, in seguito, altri operatori del Soccorso alpino delle Stazioni di Vermiglio e Pejo a supporto delle operazioni di recupero.
Le condizioni meteo, però, non hanno permesso al velivolo di atterrare o comunque lavorare in quota perché pioveva e c’era una fitta nebbia. Così il mezzo è tornato nel piazzale della partenza degli impianti (sul territorio bresciano) in attesa che soccorritori e membri del soccorso alpino portassero a valle i feriti. Uno dei ragazzi ha riportato ferite ad una mano e l’amputazione di due dita. L’altro ha riportato ferite al volto e alle mani.
Solo uno è stato posizionato sulla barella, immobilizzato e, una volta portato a valle, è stato caricato prima sull’ambulanza e poi, insieme all’amico, con l’elicottero fino a Trento.
Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri ma le indagini dovranno proseguire oggi in quanto la nebbia ha di fatto impedito accertamenti più approfonditi sul tipo di materiale esploso.
Sempre più spesso sulle nostre montagne, lungo il fronte in quota della Grande Guerra, vengono alla luce residuati bellici e attrezzature usate dai militari. Un fenomeno dovuto principalmente al ritiro dei ghiacciai e che attira anche cacciatori di cimeli di guerra. Quanto avvenuto ieri dimostra che il rischio di incidenti, anche gravi, però incombe su alpinisti e amanti dell’alta montagna.
Luigi Bombassei De Bona, perito balistico forense ed esperto in armi, munizioni ed esplosivi, spiega che si stima che un 10% degli ordigni utilizzato nelle guerre mondiali non sia esploso e dunque, «considerato le abnormi quantità di bombe, granate e proiettili di artiglieria utilizzati, la cifra del 10% è piuttosto consistente e tutt’oggi ancora un imprecisato numero risulta ancora occultato nel terreno e in altri luoghi». Il consiglio dell’esperto a chiunque dovesse imbattersi in un ordigno inesploso o anche semplicemente in qualcosa che possa assomigliare ad esso, è quello di non toccarne e informare le forze dell’ordine. «Occorre allontanarsi facendo in modo di poter fornire alle forze dell’ordine dei riferimenti precisi per ritrovare il rinvenimento in modo che poi l’area possa essere delimitata in attesa di un sopralluogo degli artificieri che di volta in volta e in base alle peculiarità del ritrovamento, decideranno il da farsi, ovvero disinnescarlo, farlo brillare o trasportarlo in un altro luogo».
I primi intervenuti sul posto parlavano di un ordigno contenente gelatina. «Si tratta di una sostanza particolarmente pericolosa che veniva fabbricata dalla società Dinamite Nobel di Avigliana, che risente molto dell’invecchiamento e alle temperature inferiore agli otto gradi diventando altamente instabile», spiega l’esperto aggiungendo che in generale «tutti gli esplosivi utilizzati per il confezionamento degli ordigni erano composti da miscugli detonanti che degradano lentamente rimanendo attivi anche per centinaia di anni».