Virginia la buiatra della Val di Sole (e se non sapete cosa vuol dire, leggete questa storia)
VAL DI SOLE - Donna, giovane e di pianura. Quando dieci anni fa arrivò in Val di Sole, gli allevatori non avevano mai avuto a che fare con un veterinario donna. Virginia Zampieri è entrata nelle stalle della valle un po’ per caso, per sostituire un collega che aveva cambiato lavoro, e pezzo dopo pezzo è riuscita a conquistarsi la fiducia dei contadini tanto che ora è diventata una di famiglia. Di donne buiatra – così si chiama il veterinario che cura i bovini – ormai ce ne sono diverse anche in Trentino: in Val di Sole, oltre a lei, si è aggiunta anche un’altra collega. Ma non è sempre stato così e la professione continua spesso a essere vista come appannaggio degli uomini. «Il mio lavoro è sempre oggetto di discussione, anche tra le mie amiche» ci racconta sorridente.
Solare, forte e determinata, Virginia Zampieri nasce cittadina, nel centro di Padova, ma da sempre sa cosa vuole fare da grande: il veterinario per aiutare gli animali. In Val di Sole ci arriva l’11 settembre 2011. «Sono venuta una settimana in ferie e poi un mese dopo mi sono trasferita – continua -. Sono arrivata nel pieno del lavoro, nel boom dei parti. Avevo trent’anni, ero giovane, il mondo era pieno di possibilità e ho colto un’occasione. Da tre anni lavoravo a Padova come buiatra con due colleghi bravissimi e una settimana al mese la passavo negli allevamenti di Brandeburgo. Iniziavo a saper fare delle cose in autonomia. Altre invece, mi venivano precluse. Ho sentito che in Trentino si liberava un posto e così ho accettato la sfida. Per tanti aspetti questo lavoro è uguale da ogni parte: le vacche sono quelle, i contadini sono sempre quelli, sono persone che qui, a Padova o in Australia hanno la stessa etica. È buona gente che sgobba tutti i giorni dalla mattina a sera. Mio padre mi disse: “la montagna o ti entra o non ce la farai”».
E la montagna, la valle le «sono entrate» così tanto che oggi Virginia non riesce più a farne a meno. «Ora non riesco più a guidare in autostrada, è troppo dritta. La valle, invece, ti coccola».
Ma l’impatto non è sempre stato semplice. La neve, quell’anno caduta ancora a fine ottobre, la paura di guidare sulle strade bianche di montagna e il rapporto con gli allevatori sono stati una prova da superare. «In pianura erano già abituati ad avere a che fare con le donne, come informatrici farmaceutiche, rappresentanti di mangime - ricorda -. Qui non era così. In generale, i contadini sono diffidenti con gli estranei e io ero il nuovo veterinario con in più l’aggravante di essere forestiera e donna… Ancora oggi qualcuno, per battuta, mi punzecchia: “Per essere una donna sei ben brava”».
Virginia pian piano ha imparato a conoscere la valle e a capirne le sue sfaccettature: «Per prima cosa, mi sono messa a imparare il dialetto – aggiunge -. Le parole in stalla sono fondamentali. Se chiamo quell’oggetto con il suo nome dialettale, ho una reazione immediata da parte degli allevatori. Conservo ancora il quaderno dove segnavo i vari vocaboli per studiarli. La comunicazione salta se non si conosce la lingua. Fisicamente il lavoro è molto impegnativo: assito animali che sono molto pesanti, un cucciolo alla nascita pesa già 40 chili… Ma non è nemmeno programmabile. Arriva con le urgenze e perciò non ci sono orari: le vacche partoriscono di giorno, in piena notte, a Natale… Forse è per questo che si pensa che sia poco adatto a una donna».
Ma come si sceglie come questa professione? «Da sempre sapevo che avrei fatto la veterinaria – conclude -. Durante l’università mi hanno concesso un tirocinio all’ippodromo. Il cavallo è il mio animale preferito. Lì ho visto delle cose bruttissime, mi sono resa conto che volevo troppo bene ai cavalli per lavorarci. Ho messo in discussione tutto e proprio in quel periodo una mia amica ha aperto un agritur con una stalla di 25 capi ad Asiago. Mi sono fatta assumere come operaio agricolo. Ho iniziato a seguire nelle sue visite il veterinario di zona. Una notte mi chiama per un parto. L’atmosfera era così romantica in questa stalla piccolina e gli allevatori erano così felici perché era nata una vitellina… Lì è cambiato tutto e ho capito che quello era ciò che volevo fare».
(prima pubblicazione su Nos Magazine)