Due trentini indagati dall'Antimafia: nel mirino gli affari di Gaiardelli (ex presidente di Codipra) e Paternoster, dalla Val di Non alla Romania
Per Fiamme Gialle e Procura di Bologna, dietro alla vendita della «Alto Avisio srl» c’erano le cosche della ‘ndrangheta calabrese. Gli indagati: «Non eravamo assolutamente consapevoli che dietro a queste operazioni ci fossero determinati personaggi»
TRENTO. Sono Giorgio Gaiardelli, ex presidente di Codipra, residente a Tres, e Guido Paternoster, residente a Taio, i due trentini accusati di trasferimento fraudolento di valori nell'ambito della cessione (che non si sarebbe concretizzata) della società Alto Avisio srl.
L'operazione, di cui abbiamo dato notizia nei giorni scorsi, denominata Black Fog, è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna con il procuratore aggiunto Francesco Caleca e il sostituto procuratore Flavio Lazzarini.
Per le Fiamme gialle emiliane, i due trentini - facendo da prestanome - avrebbero favorito la gestione occulta di due centrali idroelettriche in Romania da parte della cosca della 'ndrangheta di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, in tal modo permettendo all'organizzazione criminale di reinvestire in attività lecite somme di non chiara provenienza.
Gaiardelli e Paternoster, per voce del loro legale, l'avvocato Alberto Cunaccia, respingono le accuse: «Verrà dimostrata la nostra completa estraneità ai fatti».
Le centrali idroelettriche si trovano a Fenes e Obreja, nel distretto di Timisoara. È necessario fare un passo indietro. Era il 2017 quando Gaiardelli e Paternoster decisero di cedere il capitale sociale di Alto Avisio srl e le partecipate romene Alto Energy e Vialtero Energy. Venne stipulato un contratto preliminare di compravendita per un milione e 100 mila euro: l'intenzione era di procedere con questa operazione e il contatto era Gianfranco Puri.
«L'11 gennaio 2018, l'assemblea dei soci di Tecnoimpianti srl nominava nuovo amministratore unico della Alto Avisio srl Puri Gianfranco, mero prestanome di Pizzichemi» si legge negli atti. Puri venne poi nominato amministratore di Alto Energy e anche di Vialtero Energy. Il preliminare venne sottoscritto, ma non ebbe seguito.
Per gli inquirenti, Puri, residente a Bolsena, sarebbe il braccio destro di Alberto Daniele Pizzichemi, indagato dalla direzione distrettuale antimafia di Bologna, accusato in passato di associazione mafiosa a Reggio Calabria. Per il gip di Bologna l'acquisizione delle quote della società che controllava le due centrali idroelettriche romene sarebbe passata «attraverso schermature» societarie, mentre la proprietà sulla carta sarebbe rimasta in capo agli imprenditori nonesi.
Nei giorni scorsi i militari delle Fiamme gialle hanno sequestrato la documentazione stipulata nel 2017-2018 e le quote di Gaiardelli e di Paternoster nelle società romene Alto Energy e Vialtero.
«Nessun contatto con Pizzichemi - viene ribadito dall'avvocato Cunaccia -. Si sta raccogliendo tutta la documentazione e al più presto si cercherà di chiarire la nostra posizione in quanto siamo completamente estranei a queste vicende. Non eravamo assolutamente consapevoli che dietro a queste operazioni ci fossero determinati personaggi».
La Alto Avisio srl finita nell'inchiesta condotta dalla procura di Bologna in realtà non esiste più. La società, il cui capitale sociale di soli 10mila euro era riconducibile alla Tecnoimpianti Energia srl (che l'ha incorporata a inizio 2020), era stata costituita il 10 settembre 2009 con l'obiettivo di costruire una centrale idroelettrica sull'Avisio. Di qui il nome.
La centrale non venne realizzata e allora gli amministratori Gaiardelli e Paternoster diressero i propri interessi verso la Romania. Paternoster conosceva bene per altro il contesto perché aveva già costruito alcuni impianti con un'altra società di cui facevano parte un imprenditore romeno e un professionista di Malé. Dalla Alto Avisio srl furono acquistate le due centrali di Fenes e Obreja tramite altre due società con sede a Timisoara, la Alto Energy srl e la Vialtero Energy srl (che risulta ancora amministrata da Gaiardelli), ricorrendo a fonti di finanziamento bancarie (si parla di un mutuo contratto con una banca trentina nell'ordine di 2 milioni).
Una delle due centrali produceva un reddito piuttosto cospicuo, l'altra no. Complessivamente, gli imprenditori trentini non sarebbe riusciti a recuperare i soldi investiti e anzi, le perdite annue sarebbero state abbastanza ingenti. Di qui la decisione, a un certo punto, di vendere i due impianti e di qui, stando alle ricostruzioni fatte dalla procura bolognese, il contatto con Gianfranco Puri che sarebbe anche salito in Val di Non per trattare l'acquisto. Gli inquirenti avrebbero intercettato una mail nella quale uno degli imprenditori trentini avrebbe proposto a Puri «un viaggio in Romania finalizzato alla visita delle due centrali». Quando la Alto Avisio srl (che gestisce varie centraline in Trentino) è stata incorporata dalla Tecnoimpianti Energia srl, aveva debiti per 1,7 milioni.