Giallo di Celledizzo, la famiglia di Gionta replica: "Una cosa è certa, non è stato lui a sparare"
Il cacciatore che era con la vittima Massimiliano Lucietti, e diede per primo l’allarme, si tolse la vita dopo l’interrogatorio dei carabinieri
IL GIALLO La famiglia di Max Lucietti: «No alla richiesta di archiviazione»
LA FAMIGLIA «Andremo avanti finché non sapremo il nome dell’assassino»
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INDAGINI Una tragedia senza risposte: mistero sull’arma che ha sparato
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CELLEDIZZO. Le indagini sulla morte del giovane Massimiliano Lucietti, ucciso con un colpo di fucile alla nuca nei boschi di Celledizzo, coinvolgono inevitabilmente la famiglia di Maurizio Gionta, il 59enne che per primo chiamò i soccorsi e, dopo un pomeriggio passato in caserma, si tolse la vita. Ora che i genitori ed il fratello di Lucietti, assistiti dall'avvocato Giuliano Valer, hanno presentato opposizione alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, intervengono anche la moglie ed i figli dell'ex guardiacaccia, per voce del loro legale.
«Abbiamo appreso dell'opposizione all'archiviazione dai media perché la famiglia Gionta non è formalmente parte. Un'opposizione che comprendiamo essere esigenza morale per chiedere nuove indagini», è la premessa dell'avvocato Andrea de Bertolini.
Approfonditi accertamenti disposti dalla procura non hanno però portato ad una svolta. Nulla di nuovo infatti era emerso dalle analisi tecniche affidate ai carabinieri del Ris di Parma sulla compatibilità degli ultimi dieci fucili sequestrati la scorsa estate a cacciatori della zona di Peio (altre carabine, una ventina, erano già state analizzate nei laboratori).
E, se qualcuno ha visto, non ha ancora parlato. «Per quanto riguarda i miei assistiti - prosegue l'avvocato - non posso che ribadire quel che ho già detto. Le indagini, ad eccezione di quanto accaduto quel terribile 31 ottobre del 2022, sono state a mio avviso molto accurate. E hanno escluso la responsabilità di Maurizio Gionta, tragicamente confermando la verità del suo ultimo scritto e l'esser stato la seconda vittima».
Gionta venne sottoposto allo stub: l'esame diede un esito negativo, dunque non fu lui a sparare. Il suo fucile è risultato compatibile con l'ogiva (ritrovata in cattivo stato) che penetrò nella nuca della vittima, ma dal punto di vista scientifico non emerge la certezza che il colpo mortale sia partito proprio dal Winchester 270 del 59enne.