Festa del Latte di Rabbi, la contestazione di malga Polinar: «Ma quale latte stiamo festeggiando?»
I gestori Marco e Cristina, che in agosto avevano dovuto distruggere le forme prodotte, fanno un volantino pieno di domande: «Ci demonizzano» con «provvedimenti che si basano sul creare paura, disinformazione»
IL CASO Chiusa malga Polinar, distrutte le forme di formaggio
I GESTORI «Acqua inquinata, noi vittime dei ritardi»
SEQUESTRO I Nas e la fonte inquinata in Predaia
IL DRAMMA Bimbo in coma da anni per il formaggio contaminato
L'ACCUSA Il papà del bimbo in coma: cambiate la legge
VAL DI SOLE. Bella la manifestazione “Latte in festa”, che si è tenuta sabato a Rabbi: degustazioni, convegni, mostre, depliant, con la benedizione della Provincia e dell’Apt. Ma stavolta c’è stato spazio anche per una pacifica e garbata contestazione. Rappresentata dal volantino distribuito da Marco e Cristina, gestori di malga Polinar.
Non a caso: malga Polinar (di proprietà dell’Asuc di Bozzana) è stata al centro di un caso sanitario-mediatico poche settimane fa, quando una ispezione dei Nas ha fatto chiudere la malga, e distruggere centinaia di forme di formaggio faticosamente prodotto. Motivo? Una «contaminazione della fonte d’acqua», secondo l’ufficialità. Ma già due giorni dopo il sindaco Lorenzo Cicolini aveva lanciato messaggi sibillini. Per terminare con una clamorosa forma di protesta istituzionale: tutto il consiglio comunale riunito a pranzo proprio a malga Polinar.
«Pochi chilometri più un là – aveva detto il sindaco alludendo al versante lombardo del Tonale – Possono fare caseificazione sotto una tettoia di lamiera...». Come a dire: qui da noi invece i controlli sono serrati.
Non solo: per Cicolini «Stiamo esagerando. Le malghe e i formaggi sono un grandissimo patrimonio, che va protetto. Il lavoro in malga è difficile, la remuneratività è bassa, si fa fatica a trovare personale e, se aggiungiamo anche la questione dei grandi carnivori, corriamo il rischio che gli alpeggi vengano abbandonati. Continuiamo a parlare di sostenibilità e di valorizzazione delle tradizioni e poi, con certi provvedimenti, ammazziamo le malghe. Mi preoccupa questa continua ricerca del rischio zero. In montagna questo non è possibile, né dal punto di vista della sicurezza idrogeologica né della sicurezza in generale. Volere questo è contrario al vivere in montagna».
A «Latte in festa» il volantino di Marco Pangrazzi e Cristina De Stefani: «Produrre formaggio in alpeggio, per noi, è un'arte, una filosofia di vita.... è uno stile etico per vivere in questo controverso mondo.
Per 90 giorni tutto è finalizzato a ricavare il latte di animali che vivono liberi in alpeggio, che faticosamente, passo dopo passo, si conquistano i fili d'erba in pendenze che spesso gli umani faticano a raggiungere. Nulla di quest'erba, di quest'aria, dell'acqua di questi monti è paragonabile alla vita che fanno a valle, così come il latte che ne deriva. NULLA! Né proprietà nutrizionali e organolettiche del latte, né il valore etico nei confronti degli animali.
In un ambiente estremo, come può esserlo quello di una malga, si vive dentro una natura meravigliosa, ma che impone le sue rigide e imparziali regole. Nulla avviene senza un pensiero che lo conduca, nulla è reso facile o scontato, né per gli umani né per gli animali.
In un ambiente così selvatico, pensare di mirare alla sterilità ci sembra davvero paradossale.
I batteri in alpeggio, non sono visti come nemici, anzi!
Sono alleati che devi conoscere, ma che col loro millenario lavoro, aiutano anche a stare in salute: assimilano, trasformano, digeriscono. Essere casaro in alpeggio richiede competenza, passione, professionalità e tanto amore. Fare formaggio in alpeggio è un'alchimia: controllare, selezionare, direzionare con temperature e tempi questi ceppi batterici affinché uno non prevalga sull'altro e si ottenga un prodotto di estrema qualità. Assurdo sarebbe pensare di impiegare molta più energia, termizzando o pastorizzando il latte, per ottenere prodotti meno identificativi e soprattutto meno ricchi di vitamine, di proteine.
Le normative e i rigidi controlli ai quali è sottoposta la categoria ci sembrano davvero poco mirate alla tutela della salute, per niente concreti e difficilmente applicabili, in molti casi anche scientificamente discutibili. Provvedimenti che si basano sul creare paura, disinformazione tra le persone e che tolgono la responsabilità al singolo di essere fautore delle proprie scelte e azioni. Che demonizzano un prodotto unico: unico perché di malga e perché in ogni malga c'è l'unicità di chi lo produce. Il formaggio a latte crudo rischia di scomparire, e con esso secoli di tradizioni, storia, tutela del territorio, vita ecologica, benessere animale, cultura. Siamo comunque presenti oggi a sostenere questa comunità e la sua festa, senza addobbi né grandi sorrisi perché da giorni una domanda ci invade la testa… Ma quale latte stiamo festeggiando?».