Lascia il Kosovo per partorire, a Trento nascono tre gemellini
Gjevahire Mehmeti è arrivata a Trento grazie all'associazione «In aiuto per i Balcani» di Pergine
Mentre guarda i suoi tre piccoli da dietro il vetro di neonatologia Gjevahire non può evitare di pensare che, senza la solidarietà trentina, per lei questo sarebbe stato un Natale molto più difficile. Qualche giorno fa, a 32 anni, la ragazza del Kosovo è diventata mamma di tre gemelli; ha partorito il 18 dicembre all'ospedale S.Chiara, dopo un lungo viaggio che l'ha portata lontana dalla sua casa e dai suoi affetti.
Gjevahire Mehmeti è arrivata a Trento grazie all'associazione «In aiuto per i Balcani» di Pergine: nel suo Paese, ancora traumatizzato dalla guerra, non sarebbe riuscita a ottenere l'assistenza medica della quale aveva bisogno durante una gravidanza gemellare. I suoi figli avrebbero corso rischi mortali.
A dircelo è lei stessa, seduta nella sala d'attesa di ostetricia, al terzo piano dell'ospedale, avvolta in un pigiama di flanella. Ci racconta la sua storia di dolore e gioia in dialetto albanese e Nazmi Berisa, il presidente della onlus valsuganotta che ha avviato il progetto di solidarietà, ci traduce le sue parole.
I gemellini, tre maschi, Rian, Rion e Lumi, sono nati prematuri, a sette mesi, ma ora stanno bene. La mamma va a trovarli ogni volta che le è permesso, dona loro il latte e li osserva con amore dentro le loro incubatrici: sono molto piccoli, ma sani e i medici sono ottimisti sulla loro crescita.
«Questo sarà il Natale più bello della mia vita, perché è il primo Natale da mamma», esordisce Gjevahire. Di notte, mentre dorme nel letto del reparto dove è stata ricoverata il 29 novembre, le capita spesso di svegliarsi di soprassalto, con i postumi del solito terribile incubo: nel sogno si trova in Kosovo, sta per partorire, ma non c'è modo di farlo in sicurezza e lei ha paura che i figli non sopravvivano.
La neo mamma ha saputo della sua gravidanza la scorsa primavera: dopo la fecondazione assistita, la prima ecografia ha mostrato quattro microscopici esserini nella sua pancia. La sorpresa è stata tanta e anche la gioia, ma subito dopo è subentrata la preoccupazione per come portare a termine la gravidanza.
È qui che entra in gioco l'associazione di Pergine. «Il Kosovo non si è ancora ripreso dalla guerra: prima del conflitto i casi medici complicati venivano curati a Belgrado, ma ora non si può più e a Ferizaj, la città dove vive, non sono attrezzati», racconta Berisa, che ha fondato la onlus nel 2009 proprio per sostenere le cure all'estero dei kosovari bisognosi.
Nei pochi ospedali operativi mancano le attrezzature più elementari: gli apparecchi per le risonanze magnetiche, gli strumenti da sala operatoria, perfino i letti. «Solo chi ha i soldi può permettersi un'assistenza decente, andando nelle strutture private, ma lì accettano solo le carte di credito americane», spiega con amarezza Berisa.
Gjevahire non poteva permettersi di pagare e così il marito Mentor si è rivolto all'associazione di Pergine che a Ferizaj aveva donato arredi per le scuole. «In aiuto per i Balcani» è molto conosciuta in Kosovo. Negli ultimi cinque anni sono stati curati in Trentino, grazie al sostegno di Croce rossa e Provincia, diversi cittadini albanesi: Leonora, una ragazza caduta dal sesto piano di casa sua, un bimbo di quattro anni con problemi ai reni, un altro un retinoblastoma e un altro ancora con una grave cardiopatia. Tutti sono guariti grazie alla professionalità dei medici trentini.
«Quando ho saputo la storia di Gjevahire mi sono subito attivato», racconta il referente dell'associazione. Con la cartella clinica della gestante si è presentato all'apposita commissione provinciale e, una volta ottenuto il via libera, si è rivolto all'ambasciata italiana in Kosovo. Il tempo stringeva, perché la gravidanza della donna è subito stata messa a rischio da un aborto spontaneo: Gjevahire ha perso il quarto figlio che aveva in grembo, l'unica femmina.
«Ho pregato molto perché i miei piccoli potessero nascere in sicurezza - dice la giovane mamma -, non mi sembrava vero di poter venire in Italia». Arrivata a Trento, dopo pochi giorni è stato programmato il parto cesareo: i tre piccoli sono venuti al mondo in salute, anche se prematuri, e la mamma li ha visti fin da subito circondati da professionisti preparati e strumentazione all'avanguardia.
«Queste operazioni sono costose, ci vogliono diverse decine di migliaia di euro per portare a Trento una persona dal Kosovo, ma secondo me una vita umana non ha prezzo», sottolinea Berisa, che ogni giorno va al S.Chiara a trovare la neo mamma. Gjevahire rimarrà in Trentino ancora almeno un altro mese, il tempo necessario per assicurarsi che i tre gemellini crescano forti e sani. «Se ci sarà bisogno li faremo tornare qui per delle visite. Ho già in mente un altro progetto per il futuro: mi piacerebbe portare qui dieci medici kosovari perché imparino qualche tecnica nuova dai chirurghi trentini», conclude l'instancabile Berisa.
Ogni giorno Gjevahire sente il marito e il nonno via Skype e gli manda le foto dei bebè via sms e loro puntualmente si commuovono. La mamma kossovara non potrà passare il Natale con la famiglia al completo, ma la gioia della maternità è di gran lunga il regalo più bello che potesse ricevere.