Pergine, la bella esperienza del campo scout in Albania
Un interno anno per preparare il campo estivo, 22 ore di viaggio per raggiungere la destinazione, 10 giorni per gettare un seme di solidarietà per chi vive nella povertà pressoché totale: è stata un’estate diversa, che sicuramente rimarrà impressa a lungo, quella che una ventina di scout perginesi facenti parte del gruppo «Pergine 1» hanno trascorso ad agosto e che hanno voluto presentare l’altra sera alla comunità in un incontro alla Provvidenza, che è anche la casa degli scout perginesi.
Il campo estivo, quest’estate, gli scout hanno deciso di trascorrerlo nel nord dell’Albania, a Scutari, una città di circa 130.000 abitanti, e più precisamente nel quartiere di Fermentim, una delle zone più povere in assoluto dove i segni del regime comunista sono ancora ben visibili.
Scutari, nella sua storia, è stata una delle città più oppresse dal regime comunista di Enver Hoxha: l’anno scorso sono state beatificate anche 38 persone (sacerdoti ma anche laici), martiri delle persecuzioni del regime che proprio in città aveva delle prigioni dove si svolgevano delle torture. Oggi, quelle carceri, sono un museo; il proclamato ateismo di Stato, decaduto con la fine del regime, ha fatto fiorire la partecipazione ai riti religiosi tanto che a poca distanza sorgono la moschea, la basilica cattolica e la cattedrale ortodossa.
Nel quartiere di Fermentim, dove le persone vivono in ricoveri di fortuna con condizioni igieniche paurose, operano alcune suore che, almeno durante il giorno, permettono ai bambini di frequentare la scuola e divertirsi come dovrebbero fare tutti i bambini a quell’età: un’oasi di apparente normalità in un mare di povertà.
Gli scout perginesi, grazie ad un’idea di don Stefano Zeni, che è anche assistente degli scout trentini, per dieci giorni si sono dati da fare in questo asilo gestito dalle suore, lo hanno sistemato internamente ed esternamente, con lavori di imbiancatura e muratura e altri interventi anche alla chiesa; le ragazze in particolare si sono adoperate per fare attività ludiche con i tanti bambini ospitati durante il giorno. I «rover», guidati da Alessandro Baldessari, e le «scolte» guidate da Irene Genetti, oltre ad aver abbattuto senza problemi il muro della paura, della diffidenza e della lingua, hanno vinto forse anche l’ostacolo all’apparenza più difficile da superare, quello del pregiudizio: il dialogo vince su tutto, perché i bambini sono tutti uguali, non conoscono differenze.
Durante la loro permanenza in Albania, i ragazzi perginesi hanno anche avuto modo di visitare la città di Scutari, alcuni anche, al termine delle giornate in asilo, quasi come fossero da subito diventati dei loro fratelli maggiori, accompagnavano anche i bambini nelle loro case dove venivano accolti dalla semplicità più assoluta, ma che forse è segno vero di gratitudine più di tante altre cose.
L’ultimo giorno, prima del rientro, il gruppo perginese è stato salutato con una grande festa ricca di musica e balli tradizionali; i bambini, oltre ad una lettera, hanno donato agli scout una bandiera dell’Albania Anche la comunità perginese, prima della partenza di questo viaggio, non è rimasta con le mani in mano: gli scout hanno raccolto pacchi su pacchi di materiale scolastico e di cancelleria, un autobus pieno, che poi sono stati donati alla comunità albanese perché, data l’estrema povertà soprattutto in quel quartiere di Scutari, i bambini difficilmente completano il percorso scolastico; grazie alle offerte raccolte soprattutto durante il periodo natalizio, nel quale gli scout impacchettano i regali di Natale, anche il costo del viaggio si è abbattuto notevolmente.
Questo primo «ponte» di solidarietà però, nelle intenzioni degli scout stessi, non deve essere solo una parentesi, ma essere sfruttato anche da tutta la comunità perginese, in un continuo contatto con quanti sono meno fortunati: la solidarietà deve andare oltre anche all’uniforme degli scout.