I lupi banchettano a cima Costalta tra l'altopiano di Piné e la val dei Mocheni: si sono mangiati una ventina di capre
Torna di stringente attualità la presenza del lupo sulle montagne trentine ed in particolare sulle prime propaggini del Lagorai. La scorsa settimana infatti nei pascoli attorno alla cima Costalta, che divide l’altopiano di Pinè dalla Valle dei Mocheni, il lupo ha predato una ventina di capi di ovini di due diverse greggi.
Dopo che questa primavera, appena svegliato dal letargo, M49 si era reso protagonista di un’incursione ai danni di malga Cambroncoi (fortunatamente chiusa perché si era in pieno lockdown) che sorge proprio sotto la vetta di cima Costalta e di altre malghe della zona, il problema in valle torna ad essere il lupo, che pure quest’estate aveva predato alcuni capi ma sull’altro versante, nei pascoli fra Kamauz e i Prati Imperiali.
Ad avere la peggio, questa volta, sono stati i capi di Matteo Sighel, giovane pinetano pastore per passione: il suo gregge di capre era libero al pascolo, come tutte le estati, ad alta quota; non molto distante, anche il gregge di pecore del cugino, Franco Sighel, che pure ha subito perdite. Le greggi ora sono state riportate a valle, al sicuro: «Si vedeva che appena riportate giù -spiega Matteo Sighel- erano molto più tranquille. Ma il problema c’è ed è grave, perché almeno per i mesi estivi gioverebbe loro stare libere e non chiuse in un recinto. E per pastori per passione come noi avere un pastore a pagamento che controlli giorno e notte il gregge non è sostenibile, oltre che poco efficace perché i lupi ormai non si fanno spaventare. Questa situazione non va bene, non può esserci convivenza con questi animali perché anche se si ha un recinto secondo me riescono a saltare dentro, studiano il luogo, sono molto furbi. Ed i pastori che hanno i cani maremmani per difesa hanno problemi poi possibili aggressioni alle persone, ho parlato con in prima persona con chi ha questa difficoltà».
Un problema, quello delle predazioni, che oltre a causare danni ai pastori in prima battuta, scoraggia poi il pascolo ad alta quota e non invoglia di certo le giovani generazioni ad intraprendere un lavoro (che poi è una passione ed una missione) come questo: «Le montagne -prosegue Sighel- restano da pascolare se non ci sono greggi, ed in un attimo si rimboschiscono tutte. Il recinto si può mettere in certe zone, ma nel Lagorai, dove la maggior parte dei luoghi di pascolo sono ripidi e con molte rocce, questo non è possibile. È tutto una catena e questi animali non portano sicuramente beneficio».
Ed anche per questo, nel mondo agricolo, chi difende a spada tratta solo i grandi carnivori non viene ben visto, perché sono animali anche gli ovini che vengono divorati vivi da lupi o orsi, e dietro c’è molto lavoro, impegno, passione e sudore.
«Ci si rimane male -dice Sighel- ed è anche per questo che sempre meno persone intraprendono questa strada. Speriamo comunque che i branchi non inizino a crescere troppo ed i lupi si abbassino di quota scendendo attorno alle abitazioni. Ma da noi i posti sono quelli che sono, non ci sono grandi estensioni. Anche i pastori della pianura, che gli unici mesi che potrebbero tirare il fiato sono proprio quelli estivi, sono in apprensione al pensiero di salire in quota».
Sul posto sono stati chiamati anche gli uomini del Corpo Forestale per constatare quanto accaduto, ma a dubitare che il colpevole sia il lupo, ormai, sono davvero molto pochi.