Il mago del trucco, da Brad Pitt a Elio
Lui i vip li cambia, eccome; i vip, però, non hanno cambiato lui. Lorenzo Tamburini, 35 anni di Arco, residente a Torbole, è il mago del trucco. Ha messo la sua firma, tanto per intendersi, sulla trasformazione sanremese di Elio e le Storie Tese, ha creato zombie e invecchiato attori, conquistandosi un pezzettino di Oscar nel team spagnolo del film «Il Labirinto del Fauno». Meglio i mostri, spiega, che truccare avvenenti veline
«Ma no, lascia perdere, cosa vuoi fare!». Non li ha ascoltati, neanche per un secondo. Lorenzo Tamburini, 35 anni di Arco, residente a Torbole ma proiettato dalla sua professione in giro per il mondo, lavora come prosthetic makeup artist . Ha imparato dai migliori mastri truccatori del pianeta i segreti degli effetti speciali, da quelli per rendere affascinanti le showgirls ai ben più complicati - e forse per questo preferiti dall'artista - metodi per invecchiare un attore o per trasformarlo in uno zombie.
Lorenzo, nonostante gli anni di set tra tv e pubblicità e la conoscenza personale di molti tra quelli considerati «vip», ha conservato lo sguardo cristallino del ragazzo con un grande sogno, e ha scelto il basso profilo: la sua cifra, oltre alla bravura, è l'umiltà.
«Non sono mai soddisfatto quando finisco un lavoro, si può sempre fare di meglio» dice lui che era nel team spagnolo vincitore di un Oscar per il miglior trucco con «Il Labirinto del Fauno», film del 2006 del regista Guillermo del Toro.
Ma com'è successo che un liceale, impegnato anche a studiare al Conservatorio, ha scelto di diventare un truccatore?
«Mi è sempre piaciuto molto il disegno, anche se ammetto di non essere mai stato bravo, e non ho fatto il liceo artistico, visto che sarebbe stato complicato fare la spola con Riva, dove studiavo al Conservatorio, ma amavo tantissimo i film. In particolare... tutti! Dai coreani, ai francesi, al Realismo. Poi in adolescenza ho scoperto un grande amore per gli horror, Dario Argento soprattutto. Ma a casa mia c'era una televisione sola, e spesso non riuscivo a guardarli. Così un vicino di casa me li registrava in cassetta e poi io li vedevo il pomeriggio».
È attirato dalle creature di fantasia fin da piccolo, tanto da avere «un ricordo di me piccolissimo in cucina, che disegno la faccia di Frankenstein su sacchetti del pane e me li metto in testa!».
Gli horror quindi lo introducono al mondo degli effetti speciali: «Per capire come funzionavano guardavo tutti i "making of" (documentari che mostrano i dietro le quinte, ndr)».
Dopo il liceo, Lorenzo e un amico, entrambi appassionati di musica, dei movimenti e degli stili nati in Usa nei 90, volano negli Stati Uniti. «Da Seattle abbiamo fatto una sorta di tour a piedi che ci ha portati a scoprire un mondo!». A Los Angeles, la svolta: Lorenzo si imbatte in vere e proprie scuole di trucco: quindi il pensiero di imparare quell'arte e di quell'arte vivere, finora rimasto in sottofondo, soffocato dai «non puoi» del clima culturale italiano, ora veniva a galla, forte e chiaro. Ma allora, si può fare! Calma, un momento. Il sogno non era gratis: le scuole americane costavano, troppo. Cifre inarrivabili.
«Tornati in Italia, andai ad un InformaGiovani per chiedere se scuole del genere esistessero in Italia, ma l'unico indirizzo che ottenni fu quello di una scuola di fumetti, che nulla c'entrava con quello che volevo fare».
Ai tempi non c'era internet, cellulari pochi, ma si comunicava lo stesso, infatti «un giorno un amico mi disse di aver notato, a Merano, un negozio che vendeva esclusivamente prodotti per il trucco e gli effetti».
Sembra una buona pista, e Lorenzo, chiesta la macchina ai genitori (mamma infermiera e papà meccanico), compie la prima di molte trasferte che lo porteranno a «fare la spesa» in quello che, più che un negozio, sembrava il regno dei balocchi. La prima volta non si dimentica: «Restai incantato, comprai due riviste americane specializzate negli effetti. Costavano 30 mila lire, tantissimo! Poi difatti finii i soldi e non comprai altro». Il titolare poi fece di tutto per sedare la sua curiosità: «Lascia perdere», gli diceva (e dopo l'intervista a Vanity Fair, gli scriverà «per fortuna che non mi hai dato retta»). Il commerciante però gli disse che a Terni esisteva una scuola, supervisionata da Carlo Rambaldi, maestro italiano degli effetti speciali (Oscar per «E.T.», «Alien», «King Kong»). Subito Lorenzo cominciò a studiare, a provare a creare visto che il severo test d'ammissione richiedeva di mostrare lavori già fatti: «Non avevo niente da esibire! Allora lavoravo, e coi soldi guadagnati andavo a rifornirmi a Merano per poi sperimentare e creare, ispirandomi soprattutto a Dario Argento».
Però, ad agosto, al momento di iscriversi, lo smacco: la scuola chiuderà per sempre, non ci sono i fondi, visto che l'istituto era finanziato dalla Regione, che ha reindirizzato quelle cifre ai terremotati dell'Umbria.
C'era però un'altra scuola, a Milano. L'anno accademico era già iniziato, e Lorenzo deve «star fermo un giro». Aspetta, lavora e studia, impermeabile ai ragionevoli dubbi dei genitori: «Sì, bene, ma dopo la scuola a Milano, cosa fai?».
È il 1999, e Lorenzo comincia finalmente a studiare a Milano. Sceglie l'orario intensivo, che concentra le lezioni in due giorni pieni: così può fare il pendolare, senza dormire in città, e tornare a casa per andare, di notte, a impastare brioches per una pasticceria e consegnarle col furgone la mattina presto.
«Mi dicono che sono stato bravo - si schernisce - ma a me non pesava perché avevo un obiettivo e volevo raggiungerlo. Non erano sforzi, erano atti necessari. Per me, sono stato solo fortunato».
Sforzi ripagati quando a Milano, un giorno, una docente entra in classe per chiedergli se, quella mattina, se la sarebbe sentita di andare ad aiutarla nel suo laboratorio, invece di seguire le lezioni. Da lì Lorenzo non si è più fermato, nonostante la crisi economica, per lui, ci fosse già allora: «Non mi pagavano, e la mia docente mi ospitava in casa sua perché non c'erano i soldi per un affitto». Finché un'altra docente non gli propone un lavoro in Rai: c'era uno show di Celentano, e l'occasione era ghiotta. Una volta al lavoro, la strada si spiana. Dopo Celentano, infatti, Lorenzo lavora a «Quelli che il calcio». E poi «Mai dire Gol», per 7 anni. E coi primi guadagni, torna negli Usa per fare dei corsi. Si diploma con il maestro Dick Smith dopo 5 anni di lezioni per corrispondenza: «Mi resi conto che in Italia non c'era la qualità degli altri Paesi, e questo era molto frustrante per me. Quindi studiavo il più possibile all'estero».
Nel frattempo lavora per «Paperissima», «Scherzi a parte», «Ciao Darwin». Lavora per la pubblicità, per la tv, anche per il teatro e per il cinema. Ma la grande esperienza è in Spagna, con il team che ha vinto l'Oscar per il trucco del film «Il Labirinto del Fauno». Lorenzo sapeva dell'alta qualità del laboratorio spagnolo, ma non pensava di essere bravo abbastanza. Convinto da un parente a mandare il curriculum, la risposta gli arriva inattesa due giorni dopo: «Mi hanno detto: forse sei la persona giusta al momento giusto!, e cominciai a lavorare per loro». Vinsero un Oscar. «Sono quelle cose che uno neanche ci pensa mai, e poi succede. Mi sono commosso a vedere i miei capi, e amici, a loro volta commossi nel ritirare la statuetta».
In tutta questa storia non si è ancora detto che Lorenzo è anche sposato con Arianna, collega conosciuta a Milano e attualmente impegnata con «Che tempo che fa» e «Glob». Hanno due bambini, Emanuele e Viola. «Devo ringraziare i miei genitori, non mi hanno mai detto no. E mia moglie, che è l'unica donna che poteva e può sopportarmi» scherza con gli occhi che brillano di riconoscenza.
E ora, se gli si chiede quale sia il suo sogno, risponde: «Se le cose continuassero così sarei già contento. Nonostante la fatica e i sacrifici penso di essere un privilegiato».
Cosa fa un prosthetic makeup artist ? È un truccatore che non si limita a coprire i brufoli. Lorenzo è un artigiano, anzi un artista che cambia i lineamenti e crea nuove identità, realistiche o fantastiche. Non si diverte a truccare le Veline, meglio il trucco speciale: simulare invecchiamenti, ferite, ridisegnare volti.
Esistono due modi di lavorare: sul set o in laboratorio. Il primo più faticoso perché sottoposto ai ritmi delle riprese, il secondo più creativo e "sporco" perché obbliga a passare giornate intere tra plastiline, latex e colori. «Io preferisco stare in laboratorio, mi metto le cuffie e scolpisco ascoltando musica spiega Lorenzo poi, una volta prodotti calchi e protesi, si va sul set e si fanno provare agli attori». Uno dei primi impieghi televisivi di Lorenzo è stato a Quelli che il calcio, con Simona Ventura: «Il calcio a me non interessa per nulla, ma stando a fianco di Max Tortora e Franco Califano, imitatore e imitato, mi divertivo molto». Così come è stato per anni a Mai dire Gol, dove instaura rapporti di lavoro e amicizia. Gli attori spesso si affezionano al proprio truccatore considerandolo "di fiducia": così avviene per Lorenzo, che viene continuamente chiamato sui set.
Lavora a Paperissima, Scherzi a parte, Ciao Darwin, L'Isola dei Famosi, Parla con me. Da due anni però fa la spola tra Torbole e Londra.
Tra i lavori recenti, un film con Brad Pitt girato tra Malta e Budapest, il trucco di Elio e le Storie tese a Sanremo, lo spot Tim con Neri Marcorè e Bianca Balti. «Sul set del film con Brad Pitt, World War Z, truccavo comparse e attori nel ruolo di zombie. Noi truccatori eravamo decine, perché per quel tipo di trucco servono più di 5 ore a persona...».
Ora Lorenzo si giostra tra Londra e Roma. Con il regista Ridley Scott e per la casa di produzione Marvel. Nonostante nomi di questo calibro, resta indomito e continua a cercare di migliorare.