Parla la mamma trasferita d'urgenza di notte da Arco al S.Chiara: «Mia figlia per fortuna sta bene»
«La bambina sta benissimo, è già qui in camera con me. Anch'io sto bene. Dispiace aver letto che la piccola potrebbe aver avuto delle conseguenze da quanto accaduto. I neonatologi e i medici mi hanno detto che non c'è alcun problema». A parlare è la mamma della piccola nata dieci giorni in anticipo giovedì notte al Santa Chiara. Alle 3 del mattino la donna, con dolori e perdite di sangue, si era presentata all'ospedale di Arco (la storia). Mancavano dieci giorni al termine e pensava di essere arrivata al dunque, di stare per partorire. Non immaginava che invece era subentrata una delle più serie complicanze che si possono verificare durante la gravidanza. Ad Arco era presente un'ostetrica ed è arrivato subito anche il medico reperibile che ha subito constatato che era in corso un distacco di placenta. Considerato che con le nuove disposizioni ad Arco la notte la sala parto è chiusa, come anche nel fine settimana, è stato allertato l'elicottero e la donna è stata trasferita a Trento dove è stata sottoposta ad un taglio cesareo. Vi era inizialmente qualche preoccupazione perché la piccola al primo minuto aveva un indice di Agpar molto basso, poi risalito al quinto minuto.
«Non mi hanno detto nulla di questo indice - dice la mamma - La bambina è stata monitorata i primi istanti, ma ora è qui con me. Purtroppo oggi mi hanno chiamato molte persone e io ho dovuto inviare molte foto della piccola per dimostrare che sta bene. Non voglio che questa vicenda venga strumentalizzata. Non volevo tanto clamore, ma se tutto questo serve per fare in modo che un ospedale e un punto nascita come quello di Arco non venga chiuso ok, ma io ci tengo a dire che la mia bambina sta bene».
Quanto accaduto, inevitabilmente, porta a riflettere sulla situazione che si è venuta a creare nei punti nascita di periferia. Ospedali aperti che però di notte e nei festivi non garantiscono la possibilità di poter partorire. Ad Arco, a dispetto di quanto previsto dalla nuova organizzazione e di quanto avviene a Tione e Cavalese, il primario Arne Luehwink ha previsto la reperibilità di un ginecologo di notte e nei festivi per garantire comunque un'assistenza ginecologica in caso di necessità. Evidentemente anche questa assistenza ha un limite là dove, per entrare in sala operatoria, serve un'equipe che oggi non è più prevista. Proprio questo è accaduto l'altra notte. Alle 3 di notte in ospedale c'erano il ginecologo reperibile, l'ostetrica, il rianimatore giunto con l'elicottero ma non c'era l'equipe pronta ad entrare in sala.
Proprio per affrontare la questione del punto nascita di Arco, quello tra i reparti «depotenziati» che poteva contare sul maggior numero di parti e sulla presenza del centro di fecondazione assistita, gli amministratori della Busa si incontreranno martedì per discutere. All'incontro sono stati invitati anche l'assessore alla salute Luca Zeni e il presidente della Provincia Ugo Rossi. Naturale che una vicenda come quella accaduta l'altra notte, per quanto tutto sia finito nel migliore dei modi, faccia riflettere e divida ancora di più l'opinione pubblica tra quanti ritengono che anche alle donne delle periferie debba essere garantito il diritto di partorire in sicurezza non troppo distante da casa e quanti invece assicurano che solo accentrando i servizi e trasferendo le future con l'elicottero in caso di necessità il sistema sia sostenibile dal punto di vista organizzativo (visto il numero di anestesisti, ginecologi e neonatologi disponibili) ed economico.