«Le sirene e quell'ambulanza per poi partorire a Rovereto»
Di certo così come va adesso non può proseguire. I vincoli che sono stati posti all’attività del reparto di ostetricia all’ospedale di Arco sono considerati assurdi dalla maggior parte della popolazione altogardesana e hanno inciso profondamente sul numero di parti e sulle prospettive del reparto e di chi ci lavora.
Ma dietro ai numeri ci sono le persone. Storie di gente che ci abita accanto.
Come Andrea Maino e la moglie Daniela, ultimi in ordine di tempo a sperimentare sulla loro pelle l’assurdità dell’organizzazione sanitaria trentina nell’ambito dei punti nascita.
La coppia arcense, che abita a Laghel, ha seguito il percorso della gravidanza in ostetrica ad Arco, trovandosi benissimo. Come accaduto a molte altre coppie dall’ottobre scorso ad oggi, non hanno però potuto partorire in via Capitelli. Il loro primogenito, nato il 6 giugno e sanissimo, ha emesso il primo vagito a Rovereto.
Un lieto fine giunto dopo giornate che hanno stimolato Andrea a condividere con l’Adige il racconto di quei momenti.
«Prima di tutto la data - racconta - perché stando ai calcoli fatti nostro figlio doveva venire al mondo il 2 giugno. Ormai tutti sanno dei limiti di operatività ai quali il punto nascite arcense è stato costretto, e non certo per volontà di chi ci lavora. Sapevamo che ad Arco non si può nascere la sera, la notte e neppure il sabato e la domenica. Una cosa incomprensibile, al punto che mia moglie era seriamente tentata di tornare a Piacenza, sua città d’origine, per partorire lì. Invece abbiamo tenuto duro, ma quando ci è stato detto che neppure il 2 giugno si poteva venire al mondo ad Arco ci è sembrato incredibile. È un festivo, è la festa della Repubblica. Niente parti. Il peggior supermercato avrebbe avuto orari migliori».
Per fortuna della coppia il 2 giugno passa senza che nulla accada. Ma la natura fa il suo corso e il giorno giusto alla fine è lunedì scorso: «Avevamo paura che nascesse nel fine settimana, col rischio di dover affrontare la coda per raggiungere in tempo Rovereto. Per fortuna invece ha tenuto duro fino a lunedì».
Ma anche così non è stata una bella esperienza, come racconta Andrea: «Quella sera sono iniziate le contrazioni forti alle otto, poco dopo eravamo già in ospedale ad Arco. E lì hanno messo mia moglie sull’ambulanza per trasferirla a Rovereto. Io sono partito poco prima e quando ho visto quell’ambulanza superarmi a sirene spiegate non ho saputo cosa pensare. Non è stato un bel momento di sicuro».
Per fortuna le sirene servivano solo per superare le solite code verso Rovereto e la partoriente alle nove e quaranta era già in sala parto. Alle 23 Andrea e Daniela sono diventati papà e mamma.
«Mi sembra incomprensibile - conclude il neopapà - che ad Arco ci sia un ottimo reparto che non viene utilizzato e che a Rovereto personale altrettanto preparato debba fare le corse e districarsi tra 13-14 gravidanze a termine. La sensazione che abbiamo avuto è che comunque per i nostri amministratori, la sicurezza passi in secondo piano. Forse perché i politici sono quasi tutti uomini e non capiscono cosa vuol dire partorire».