La bimba con i piedini nella fontana Un vigile la rimprovera e lei piange Il papà la difende e finisce a processo
L'articolo del codice penale è il 496. Ovvero «false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri».
«Reato banale» potrà pensare qualcuno, ma non è affatto così visto che le pene sono state inasprite nell'ambito delle misure antiterrosismo e il massimo delle pena arriva addirittura a sei anni.
Nel caso in questione, patteggiando se la sarebbe potuta cavare o se la potrebbe cavare con 5 mesi e 10 giorni, pena sospesa ovviamente visto e considerato che parliamo di una persona assolutamente incensurata.
Ma il protagonista di questa storia ci vuole mettere la faccia, raccontare la sua vicenda e rischiare pur di denunciare pubblicamente quello che ritiene a tutti gli effetti «un vero e proprio sopruso». Che chiama in causa la Polizia Locale Alto Garda e Ledro. E che proprio la prossima settimana approderà davanti al gup del tribunale di Rovereto che dovrà decidere se rinviare a giudizio l'uomo o accogliere la richiesta di archiviazione delle accuse presentata dalla difesa.
Tutto accade il pomeriggio del 4 settembre 2016. Tommaso Dalpez, di Cles, sta tornando a casa dopo una breve vacanza sul lago e decide di fermarsi per qualche ora a Riva con la famiglia. Una passeggiata in centro, un gelato, una sosta in Piazza Garibaldi. La figlioletta di 4 anni chiede al papà di poter immergere i piedini nell'acqua della fontana della Sirenetta e il papà acconsente. Pochi secondi ed ecco passare una pattuglia della Polizia Locale, un agente abbassa il finestrino e si rivolge direttamente alla bambina che subito esce dall'acqua, indossa le ciabattine e corre dal papà in lacrime.
Tommaso Dalpez la prende in braccio e cerca di rincuorarla, l'agente si avvicina all'uomo e alla moglie chiedendo i documenti «con un fare davvero fuori luogo - scrive Dalpez in una email di protesta inviata il giorno seguente al sindaco Mosaner - visto che la mia priorità era quella di calmare la bambina che disperava ancor di più nel suo pianto visto il comportamento tanto ostile nei suoi confronti da parte dell'agente».
L'uomo vuole occuparsi della piccola che continua a piangere spaventata e così dà un nome di fantasia all'agente: Erminio Restidi, residente prima a S. Lorenzo sul Panaro e poi a Trento. Ma quando l'agente gli chiede se sta scherzando, lui ammette subito che quel nome è falso, che lo aveva dato per risolvere la questione e potersi occupare della piccola. Poi consegna i documenti suoi e della moglie pur di chiudere la faccenda e dedicare alla bambina.
Morale, a carico dell'uomo scatta una denuncia penale per «false dichiarazioni sulla propria identità».
Il 5 settembre, il giorno dopo l'accaduto, Tommaso Dalpez scrive una lunga email al sindaco Mosaner raccontando la sua versione dei fatti e il giorno seguente ancora (il 6 settembre) il sindaco gli risponde dicendo che quella settimana non è in città, che ha «girato l'email alla segreteria del Comune e al comando della Polizia Locale» e lo ringrazia per avergli segnalato «un simile atteggiamento, non consono per chi indossa un'uniforme».
Nero su bianco, firmato Adalberto Mosaner, sindaco di Riva del Garda.
Ma quello stesso giorno, il 6 settembre 2016, ecco scattare la denuncia penale che ha portato alla successiva richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Fabrizio De Angelis. Ma nel fascicolo delle indagini, osserva la difesa, dell'email inviata da Dalpez al sindaco e della risposta del primo cittadino non c'è traccia.