Malore in fabbrica, muore operaio. Scoppia la protesta
Tragedia sul lavoro a Rovereto. Un operaio della Maragoni pneumatici, Carmine Minichino, 54 anni di Volano, si è sentito male mentre era in turno nel reparto presse, martedì verso le 18
Tragedia sul lavoro a Rovereto. Un operaio della Maragoni pneumatici, Carmine Minichino, 54 anni di Volano, si è sentito male mentre era in turno nel reparto presse, martedì verso le 18. Immediato l'intervento del 118, che l'ha portato d'urgenza al S. Maria del Carmine. Una corsa che non è bastata: nonostante i tentativi in rianimazione, l'operaio è morto nella notte.
E questa mattina è scoppiata la protesta tra i lavoratori, che denunciano: «E' stato un colpo di calore, dovuto alle condizioni di lavoro estremamente difficili: in quel reparto operiamo a 48 gradi, è insopportabile». Proclamato ieri mattina uno sciopero di un'ora, a cui hanno aderito i lavoratori del primo turno, mentre quelli del secondo turno saranno riuniti in assemblea. L'episodio è stato segnalato all'ispettorato del lavoro.
Martedì pomeriggio Carmine Minichino era al lavoro, come sempre. Marangoni pneumatici, reparto vulcanizzazione. Dove ci sono le presse, che lavorano a 140 gradi. Non è un bel posto probabilmente nemmeno d'inverno, certo non è un lavoro leggero d'estate. Quando fuori ci sono quaranta gradi e si boccheggia all'ombra. Ma Carmine Minichino, 54 anni originario di Nola e residente a Volano, non se ne lamentava. Nemmeno in questi giorni, in cui più d'uno l'aveva visto pallido. Nemmeno pochi minuti prima delle 18, quando si era lasciato scappare, con il collega vicino a lui, che non si sentiva bene per niente. Ma non si è fermato. Doveva cambiare la batteria della pistola che serve per l'etichettatura. Si è avviato. Ma al suo posto, vicino alla pressa, non è più tornato. L'ha trovato, pochi minuti dopo, un collega: riverso a terra, sguardo perso, incosciente. Non si è più svegliato. Né quando sono arrivati i sanitari del 118, né più tardi, quando gli operatori di pronto soccorso e rianimazione cercavano di abbassargli quella febbre che non voleva saperne di scendere. Una battaglia finita nove ore più tardi quando, alle 3 di notte, l'operaio è morto. Lasciandosi dietro una famiglia scossa dalla tragedia, ma non solo. Perché la morte di Carmine Minichino lascia aperti interrogativi inquietanti, a cui ieri gli operai hanno dato immediatamente voce, puntando il dito sulle condizioni di lavoro in quel reparto. Inquietudini che anche la procura sta prendendo in considerazione: il sostituto procuratore Valerio Davico ha aperto un fascicolo K, quindi per ora senza indagati: ieri gli ispettori del lavoro hanno effettuato un sopralluogo in azienda, in queste ore il pm valuterà se ordinare l'autopsia. Perché quel che si vuol verificare è se le condizioni di lavoro fossero idonee a mantenere in salute gli operai o se vi siano dei profili di responsabilità sul fronte penale o della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Certo è che a questa domanda molti operai Marangoni una risposta già l'hanno data. E ieri la protesta è deflagrata. Con un'ora di sciopero per turno, ma soprattutto con una rabbia palpabile.
Il referto dell'ospedale parla di «shock termico». Al suo arrivo in ospedale sembra che la temperatura sfiorasse i 41 gradi. E non è scesa oltre il limite di sicurezza. Il punto è capire cosa l'abbia causata. Ma certo è che per i colleghi di Carmine Minichino shock termico significa colpo di calore. Preso in fabbrica, roba da arrabbiarsi. Qualche dubbio dev'essere venuto pure all'ospedale, perché da lì il referto è partito alle forze dell'ordine, più o meno mentre un lavoratore si stava prendendo la briga di denunciare l'accaduto all'ispettorato del lavoro. Da quel momento in poi, pur composta, ma la protesta è montata, forte, compatta benché limitata ai reparti di produzione.
D'altronde la tragedia di Carmine è arrivata in una fabbrica dove il malessere è evidente e si trascina da tempo. La rabbia dovuta al nuovo contratto di secondo livello - che ha tagliato del 10% il costo del lavoro a fronte di 8 milioni di investimenti - già aveva creato un tessuto disgregato. Basti pensare alle elezioni per la Rsu, saltate due volte. I lavoratori sono senza rappresentanti da mesi, quindi manca anche il Rsl, il responsabile della sicurezza sul lavoro. Sarebbe bastato un cerino a incendiare il clima. È arrivato un incendio vero, la morte di un collega, in condizioni tutte da valutare. Da qui la protesta, ieri ai cancelli, supportata da Giovanni La Spada (Cobas). Contro le poche pause, contro la temperatura alta in reparto: i lavoratori denunciano 48 gradi, ora verificherà l'ispettorato. L'azienda si limita ad esprimere la solidarietà alla famiglia e a rimanere «a disposizione delle autorità competenti per tutti i necessari accertamenti». Ma le domande restano. A trovare le risposte sarà la procura.