I nuovi poveri? Italiani spendaccioni
Allarme della Caritas: il 10% dei senzatetto a Rovereto sono trentini sul lastrico per incapacità di gestione
Altro che Bengodi, che opulento Nordest motore trainante dell'italica ricchezza! Il Trentino autonomo si dimostra, ahimè, tutt'altro che benestante visto che presenta sacche di povertà in crescita e, soprattutto, sconosciute fino a poco tempo fa. I nuovi poveri, specie a Rovereto, non sono più gli stranieri catapultati qui da un mondo in guerra o martoriato da fame e carestia ma sono proprio gli autoctoni, cittadini nati e cresciuti all'ombra della Campana che si trovano con le tasche vuote soprattutto perché «bucate». La cruda realtà è addirittura beffarda visto che, parte della colpa di questo preoccupante dietrofront, è dovuta a quegli accorgimenti che la civiltà ha portato in dote per semplificare l'esistenza: bancomat e carta di credito. Il resto ce lo mette l'incapacità di gestire le proprie finanze e la mancanza di dialogo in famiglia.
Che succede quindi? «Che ci sono sempre più persone che vivono al di sopra delle proprie possibilità, che non sanno tenere i conti e capire che prima di spendere si deve onorare il pagamento dell'affitto piuttosto che del mutuo e delle bollette», spiega Roberto Ferrari, numero uno della Caritas cittadina. Insomma, sono venuti meno i rudimenti più elementari di economia domestica. «Una volta si insegnava a scuola, sarebbe necessario che ci tornasse. Non è facile gestire il denaro in famiglia».
Da formichine quali storicamente eravamo noi trentini siamo dunque diventati cicale. Perché in questa nuova ondata di povertà si parla del 10% dei cittadini che si rivolgono ai servizi sociali e che hanno un introito mensile che non sono in grado di gestire. «Hanno i soldi ma non pagano affitto e bollette. - continua Ferrari - Possono vivere con dignità ma non pensano a saldare i conti e si ritrovano senza utenze e senza casa. Alcuni vivono in alloggi Itea e pensano che da lì non li manderanno mai via. Ma non è così. Per non parlare del dramma familiare perché spesso marito e moglie hanno conti separati e non discutono delle spese domestiche». E alla fine, quando i creditori battono cassa, la coppia è destinata a scoppiare.
Chi si aspetta giovani adulti, poi, sbaglia di grosso. Queste «cicale» dei tempi moderni sono infatti persone tra i 40 e i 60 anni, come detto con un lavoro, ancorché modesto, o con una pensione. E prima di pensare a onorare le spese vive spendono in altro: vestiti, sigarette, gioco, ristoranti. Sono sempre di più, insomma, quelli che hanno cancellato il concetto di mosina e quando si trovano con il conto svuotato e senza un tetto sulla testa ormai è tardi.
«È un fenomeno sociale nascosto. Le dipendenze come alcol e droga, al contrario, sono riconoscibili ma chi usa male il denaro non lo è. Succede quindi che, una volta a terra, si corra il rischio di buttarsi via abbracciando appunto alcol, droga e gioco».
Un ruolo «ambiguo» ce l'ha pure il fondo di garanzia, soldi pubblici consegnati per tirare avanti ma che, appunto, finiscono per alimentare stili di vita non conciliabili con le risorse nel portafoglio. «Il reddito di garanzia andrebbe agganciato al pagamento automatico dell'affitto, del mutuo e delle bollette perché finché non si insegna a questi cittadini a far di conto non si risolverà la questione».
Al momento sono 45 i roveretani seguiti dai volontari della Caritas che cercano di sostenerli e impartire utili lezioni di economia familiare. «Ma questi concetti andrebbero insegnati ai ragazzi che devono capire come vivere. Se chiedi a loro quanto spendono in "Gratta e vinci" ti rispondono tra i 5 e i 10 euro al giorno e credono siano pochi. Quando fai presente che sono 150-300 euro al mese allora sgranano gli occhi».