Accusa il marito ma è tradita da Fb Non regge l'ipotesi di maltrattamenti
Capita che tra marito e moglie le cose non vadano bene, per niente bene. Che si passi ai litigi, alle urla, alle scene di violenza. Quando però una delle parti sente che si è superato il limite, si rivolge prima alle forze dell'ordine e poi in tribunale, ed ecco che davanti al giudice vengono portati alla luce fatti estremamente privati, episodi personali, momenti anche intimi. Ed è sempre difficile, in questi casi, stabilire la verità oggettiva delle cose.
Così è stato ieri in tribunale a Rovereto dove una donna di 38 anni ha accusato l'ex marito di 47 di lesioni e maltrattamenti. Dove però oltre ai testi, alle perizie e alle dichiarazioni, ha fatto capolino anche un altro protagonista, decisamente insolito, ma che il suo peso in qualche modo l'ha avuto: Facebook.
In sintesi, mentre la donna accusatrice sosteneva di sopportare momenti molto difficili, contemporaneamente sul suo profilo erano rese pubbliche immagini e messaggi decisamente in controtendenza.
E anche se la donna si era premurata di cancellare con attenzione tali contenuti, questi erano rimasti sui profili degli amici e delle amiche di lei. Così che la difesa del marito accusato di maltrattamenti ha potuto produrli in aula.
In questo modo ci si è trovati di fronte a fatti che portano ad alcune considerazioni: per prima cosa Facebook, in determinate circostanze, può diventare molto più "pericoloso" di quanto possa a prima vista apparire; in secondo luogo, molte persone postano eventi privati senza rendersi conto che questi contenuti possono restare nelle bacheche delle persone correlate; infine, che anche a livello legale questi contenuti possono avere la loro influenza.
Tornando al caso in aula ieri, la storia è poi andata così: iI due, lui roveretano e lei no, si erano sposati dodici anni fa. Il rapporto è stato sempre abbastanza conflittuale, anche dopo la nascita di un bambino. Quindi la donna ha presentato, a partire dal 2014, diverse querele, che hanno portato l'ex marito a doversi difendere dalle accuse di maltrattamenti e lesioni.
La pubblica accusa ha portato in aula i referti medici di alcuni traumi, per fortuna non gravi, di cui sarebbe stato responsabile il marito, mentre l'avvocato per parte civile ha fatto parlare la donna stessa, che ha raccontato una lunga serie di vessazioni, scatti d'ira, male parole, minacce.
La difesa ha prodotto i testimoni che hanno invece raccontato di un rapporto tempestoso ma sempre nei limiti della legge. Anzi, in alcuni casi sarebbe stato proprio il marito ad essere graffiato o picchiato.
A margine di questo confronto di interpretazioni, come è la norma in un pubblico processo penale, tra le prove portate dalla difesa sono però stati divulgati anche messaggi, foto e dichiarazioni liberamente tratti da Facebook che la ritraevano in situazioni di festa e socialità, che sicuramente hanno avuto il loro peso nel suffragare il quadro delineato dal difensore del marito.
Sentite le parti, il giudice ha assolto l'uomo dall'accusa di maltrattamenti e l'ha invece condannato a sei mesi di reclusione e 3 mila euro di risarcimento per lesioni, una sentenza contro cui la difesa ha già deciso di ricorrere in appello. La vicenda, quindi, non è ancora chiusa.
Resta però il fatto che anche a livello legale Facebook ha il suo peso. E non da poco. «Alcuni miei clienti - spiega l'avvocato Nicola Canestrini - per esempio sono stati licenziati per comportamenti su Facebook incompatibili con il loro impiego».