Parrocchie, buco da 170mila € tra estorsioni e video hard
Alla fine, nella brutta storia delle parrocchie, la procura ha mandato il conto. Ed è un conto salato per tutti. Presunti persecutori e presunta vittima, che, secondo gli inquirenti, tale è solo in parte. Soprattutto, un conto che resterà indigesto ai parrocchiani di Pilcante, Chizzola, Santa Margherita e Serravalle. Perché dai calcoli della procura - tutti da dimostrare e già ora contestati dalle difese - il buco nei bilanci supera i centomila euro: siamo sui 170 mila euro. Non esattamente bruscolini.
Quindi questa - ma lo ribadiamo: è solo l’ipotesi accusatoria - sarebbe la cifra che il sacerdote avrebbe sottratto ai fondi delle comunità cristiane amministrate. Fondi non tutti finiti, per la procura, nell’estorsione. Anzi, i soldi dati in cambio di silenzio, per non far emergere uno scandalo sessuale, sarebbero una minima parte: 20 mila euro. Ipotesi, queste, per altro contestate dalle difese.
Nei giorni scorsi è stata notificata a tutti i protagonisti della vicenda la chiusura indagini, coordinate dal sostituto procuratore Fabrizio De Angelis. Una unica per tutti e cinque gli indagati, nonostante le posizioni siano decisamente diverse. La più grave è quella di Sebastian Cristian Costea, difeso dall’avvocato Christian Zamfir, ritenuto il capo del gruppo che avrebbe preso di mira il sacerdote. Per lui e per altre tre ragazze di origine rumena l’imputazione è di estorsione aggravata dall’aver commesso il reato in più persone e sfruttamento della prostituzione.
Per una ragazza c’è anche l’accusa di furto aggravato: in concorso con altri due uomini (al momento non ancora identificati) avrebbe sottratto al sacerdote la macchina fotografica con cui lo stesso prete avrebbe effettuato il filmino hard. Un furto ovviamente, secondo la tesi accusatoria, finalizzato ad avere qualcosa di concreto per poterlo ricattare. E dal ricatto, secondo la procura, il gruppo avrebbe ottenuto 20 mila euro. Una tesi che la difesa contesta sia nel merito che nell’entità, osservando che c’è la prova solo di una tentata estorsione di 4 mila euro.
Infine, c’è la posizione di don Ezio Seppi. Lui, difeso dall’avvocato Andrea Tomasi, risulta contemporaneamente parte lesa nell’estorsione e indagato per appropriazione indebita aggravata dal rapporto fiduciario. Ma il dubbio di queste settimane, che attanagliava la maggior parte dei fedeli, era capire di che cifre si stesse parlando.
Ecco, allo stato degli atti la distrazione di fondi è calcolata in 170 mila euro. La Curia ha naturalmente sporto querela, in queste settimane si stanno verificando i conti nelle diverse parrocchie coinvolte. Dove - meglio chiarirlo - nessun altro è nemmeno sfiorato dall’indagine: i volontari che, nelle diverse comunità, si sono in questi anni presi l’onere di seguire la parrocchia dal punto di vista amministrativo sono, come tutti gli altri e se i reati saranno provati, vittime delle circostanze.
Ora è presto per capire come evolverà l’indagine: questo è solo l’atto conclusivo della fase preliminare. Gli indagati hanno 20 giorni per presentare memorie o farsi interrogare. Solo poi la procura deciderà se chiedere il rinvio a giudizio o l’archiviazione. Quindi è presto per parlare pure di tesi difensive. Certo però qualcosa comincia ad intravvedersi già.Perché - si fa notare - sui numeri sarà battaglia: un conto è l’ammanco, un altro è dimostrare che quell’ammanco sia frutto tutto della presunta appropriazione indebita o non sia magari e più banalmente derivante da errori di gestione che nulla hanno a che fare con eventuali reati.
Di sicuro, si tratta di cifre importanti. Allo stato attuale non è noto da quale parrocchia manchino, posto che sono quattro i conti economici. Ma sembra probabile che il grosso arrivi da Chizzola, l’unica parrocchia che poteva contare su un’importante capacità sul fronte del bilancio. Pochi anni fa infatti la parrocchia aveva ricevuto un importante lascito. La cifra non è nota, ma si parla di più di 250 mila euro, donati da un fedele.