Negozi affittati come gallerie La crisi del centro storico
Il centro storico rischia di morire? Forse no, ma di sicuro è in agonia. E a dirlo è la fuga del commercio dal cuore del capoluogo lagarino. I dati, in tal senso, sono impietosi: il 12% delle botteghe cittadine ha abbassato le serrande per sempre e un altro 10% sembra un mercato itinerante con negozi che aprono e che chiudono nel breve volgere di una stagione. Parentesi di economia, quindi, che non incide sul tessuto roveretano e che mostra un’immagine desolante della seconda città del Trentino. Città che, per altro, ambisce a diventare meta turistica e attrattiva.
La ricerca sulla fuga da Rovereto è stata condotta da Confcommercio che, non a caso, ha messo in piedi il «Laboratorio di rigenerazione urbana», un progetto a 360 gradi che punta proprio a rilanciare l’urbe e farla vivere. Si tratta di un incubatore di impresa che vuole fare per il commercio quello che è stato fatto con l’industria grazie al Polo della meccatronica e a Progetto Manifattura.
Tornando ai numeri, su circa 400 negozi del centro storico 52 hanno cessato l’attività. Troppi per non correre ai ripari. Ma mentre la politica, in senso lato, studia il fenomeno e cerca di imbastire interventi e soluzioni, i privati hanno anticipato i tempi cercando di sbarcare il lunario con iniziative alternative. Se nessuno vuole comperare o affittare un negozio, in altre parole, si punta sulla locazione «low cost» e per brevi periodi per intascare qualche euro e, già che ci siamo, non mostrare al pubblico la desolazione di vetrine spente e desertiche.
Ecco dunque che le botteghe con affaccio sulle strade più trafficate, pedonalmente parlando, della città si stanno trasformando un po’ alla volta in gallerie d’arte mordi e fuggi (siamo pur sempre l’Atene del Trentino) o in esposizioni per startup di giovani artigiani che mostrano al pubblico dello struscio i propri prodotti confezionati tra le mura domestiche in attesa di avviare un laboratorio in grado di diventare attività commerciale vera e propria.
La crisi, insomma, aguzza l’ingegno e, in attesa del progettone salva commercio di Comune, Comunità della Vallagarina, Provincia e Unione, ecco che le singole ditte si organizzano per non lasciare dei buchi nello skyline delle botteghe del cuore urbano.
Su corso Rosmini, per esempio, da tempo si alternano artisti locali che affittano gli spazi vetrati sulla strada delle «vasche» per esporre le proprie opere, pittoriche piuttosto che scultoree e addirittura orafe. In piazza del Grano, invece, una giovane e creativa sarta propone modelli esclusivi di moda pret a porter inventati e confezionati da lei. Fanno bella mostra all’ingresso di via Portici con accanto, per gli interessati, il numero di cellulare. Niente spazio vendita, dunque, ma vetrina promozionale in attesa di diventare qualcuno in campo artigianale e, appunto commerciale.
E l’incubatore del commercio lagarino, il primo in Trentino e il terzo in Italia? Sarà una sorta di Urban Center per promuovere la Rovereto del futuro e, soprattutto, prendere per mano le aziende che nel centro storico vivono e lo rendono vivo evitando emorragie di botteghe e trasferimenti nei centri commerciali.
Che questa sia la soluzione ne è convinto l’assessore Ivo Chiesa che, rispondendo ad un’interrogazione del consigliere Marco Zenatti, conferma che «il progetto intende promuovere la riqualificazione della città al fine di arrestare fenomeni di desertificazione e dequalificazione con le conseguenti ricadute negative in ambito ambientale, sociale ed economico». Il Comune, ovviamente, ci ha messo dei soldi: 300 mila euro in tre anni per sostenere il progetto e finanziare iniziative di rilancio del commercio nel cuore della città.