Il battagliero chimico ha smesso di combattere

Il vecchio guerriero si è spento. A 90 anni, passati tra la sconfinata passione per la chimica e le battaglie legali con Comune e Provincia per far sopravvivere la sua creatura, la Siric spa di via del Garda, ha detto addio al mondo con la dignità che l’ha accompagnato per tutta la sua esistenza.

Fernando Zadra è un pezzo di storia industriale della città della Quercia. Ha creduto tra i primi alla forza di propulsione delle fabbriche specie se concentrate in un’unica area, un polo che, non a caso, negli anni è diventato il più grande del Trentino.

Quel suo amore per la chimica, in particolare le resine, l’ha però messo nel mirino degli ambientalisti ben prima che scoppiasse (anche in senso letterale) il caso Siric. Una battaglia, per capirci, che ha portato l’imprenditore classe 1927 a sopportare una cinquantina di cause in tribunale, quasi tutte vinte per altro. Avere a che fare con sostanze pericolose, d’altro canto, non è come lavorare in banca tant’è che, un bel giorno, l’aziendona di via del Garda è stata chiusa, bonificata (in realtà la pratica non è ancora chiusa, dopo 17 anni di lavori) e finirà all’asta.

Il blitz della Protezione civile e della procura, però, hanno meso fine al sogno. Sotto accusa i fusti tossici. «Io non li considero rifiuti ma prodotti semilavorati in attesa di essere ripresi in mano. Sulla tossicità è tutto da dimostrare. D’altronde, cos’è che non è tossico al giorno d’oggi? Basta andare in strada e respirare gli scarichi delle macchine e si sta peggio». 

Nel 1992 la grana «veleni». «Venni accusato di aver tombato i bidoni ma non è vero. I vigili del fuoco di Trento mi dissero che in giro c’era troppa roba infiammabile e il rischio incendio era alto per cui dovevo spostare i fusti. Allora li ho messi in un magazzino sotterraneo chiuso con il cemento. Mi hanno detto che avevo interrato i fusti. Ma quando mai, li ho semplicemente riposti in un magazzino».

L’episodio più grave, però, risale al 1989: un incendio in fabbrica e due pompieri morti nel rogo. Una catastrofe. E prima ci fu l’inquinamento del fiume Adige, con processo a Venezia e l’allora sindaco Renzo Michelini costretto a dimettersi. Ma Fernando Zadra ha sempre tenuto duro, sempre avanti per difendere la sua industria. Che, fin dal 1985, voleva ampliare per creare nuovi posti di lavoro.

Proprio delle sostanze trovate in Adige Zadra disse: «I Nas hanno controllato tutte le aziende lungo il fiume. 163 fabbriche non erano a norma ma la Siric era a posto. Però gli unici a finire a processo siamo stati noi, forse perché eravamo i più piccoli. Dopo l’assoluzione sono andato in Provincia e ho posto l’aut aut: o mi fate lavorare o mi risarcite i danni. Promisero di darmi una mano, non è mai avvenuto. Nel 1996 sono riuscito a presentare un progetto per poter continuare a lavorare. Con le traversie vissute tra Provincia e Comune sono stato costretto ad acquistare resine dalla spagnola Repsol e rivenderle ai miei clienti. Ma io sono un produttore».

Ed è rimasto fermo sulla sua linea fino alla fine. «Ho sopportato tutto. Sono storie infinite. Se non fossi una persona con i nervi a posto sarei già scoppiato».

L’anno scorso è scomparsa la moglie Maria Teresa Ciola, sempre al suo fianco e sempre pronta a difenderlo a spada tratta ad ogni attacco. Una coppia vera, unita, forte, di imprenditori di una volta. Ieri, però, anche Fernando ha mollato la presa. Per sempre.

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