La pista ciclabile è vietata alle pecore Lungo l'Adige i cartelli «Divieto di transumanza»
Mai più pecore lungo il fiume Adige. Ma, soprattutto, mai più transumanza, quel rito di spostamento delle greggi che tanto piace ai bambini e ai turisti e poco ai ciclisti. Tant'è che i Bacini montani hanno vietato l'accesso alla pista ciclabile agli ovini. E il cartello è chiaro: «Divieto di transumanza», ben visibile sul nastro d'asfalto riservato alle bici e ai pedoni ma pure «divieto di pascolo» sulle roste dell'Adige. In questo caso, però, i lanosi quadrupedi non sono i benvenuti perché la Provincia sta riseminando l'erba dopo aver letteralmente disboscato le rive.
Al di là di tutto, comunque, le pecore sono bandite e, come detto, i pastori del Basso Trentino non potranno più impegnare a tratti la ciclopista per muoversi con animali e pure asini e cani al seguito. E pensare che la transumanza, antichissima pratica di allevamento preservata dalle comunità dei territori rurali, è addirittura candidata a diventare patrimonio culturale immateriale dell'umanità Unesco. La richiesta è stata presentata ufficialmente a Parigi dall'Italia, Paese capofila della proposta insieme a Grecia e Austria. Il ministero delle politiche agricole, che ha coordinato la redazione del dossier di candidatura, conferma che è stato formalmente avviato il processo di valutazione internazionale che porterà alla decisione da parte del comitato di governo dell'Unesco nel novembre 2019.
Insomma, a Parigi è stato avviato l'iter per la valutazione della sollecitazione partita dal ministero e dal Molise - ed alla quale si sono unite, come detto, Austria e Grecia - per premiare un lavoro duro e popolare che esalta le nostre tradizioni pastorali. Dalle valli del Trentino e del Sudtirolo al Tavoliere delle Puglie ed alla Sardegna, stiamo parlando di una ricchezza tenuta in piedi da 60 mila allevamenti di ovini, con 7,2 milioni di pecore, che ora cerca riconoscimento mondiale per il suo legame con la comunità e il territorio. Ma che, ahimè, non si potrà più ammirare lungo il nostro grande fiume, specie in Vallagarina, perché la pratica è stata vietata con tanto di segnali di «stop sheeps» disseminati lungo la pista ciclabile.
Il «niet» drastico e inequivocabile, però, potrebbe essere revocato se davvero la transumanza finisse sotto l'ombrello protettivo dell'Unesco diventando patrimonio dell'umanità. Per buona pace, in quel caso, dei ciclisti da corsa che mal sopportano pecore, asini, cani e perfino i pastori con i quali spesso e volentieri si prendono a male parole.
Lo spettacolo della natura in movimento, del lento passaggio di greggi e uomini che da secoli si può ammirare lungo i fiumi, è dunque interdetto. Perché la ciclopista è, appunto, una ciclopista. Ma l'Unesco, come detto, potrebbe gicoare il jolly e restituire il tracciato alle pecore. Soprattutto potrebbe inserire la tansumanza nelle eccellenze planetarie da tutelare come tali. Il progetto di candidatura della «Transumanza patrimonio dell'umanità», d'altro canto, non è certo nato ieri. Le pratiche sono infatti state avviate nel 2015 per iniziativa di un gruppo di azione locale molisano che ha riunito tutti i pastori transumanti locali, cui si sono aggiunti i colleghi di altre regioni italiane. L'anno scorso, poi, si è inserito il ministero delle politiche agricole che ha dato pieno sostegno al progetto coinvolgendo pure Austria e Grecia.