Dalzocchio e la lingua sessista «Non chiamatemi presidenta!»
Il dibattito è aperto da anni: arti e mestieri, che per la lingua italiana sono unisex, vanno declinati al maschile e al femminile a seconda del genere per rendere giustizia a tutti gli esseri umani?
A suggerire nuove regole di rispetto lessicale è il consiglio regionale che ha pubblicato un agile opuscolo per contrastare la diffusione di un linguaggio discriminatorio e introdurre di conseguenza nuovi termini politicamente più corretti.
Ad elaborare il vademecum del parlare sostenibile sono state le commissioni per le pari opportunità di Trento e Bolzano. A balzare agli occhi sono soprattutto le professioni, da sempre regno incontrastato dal genere maschile. Avanti dunque con soldata, medica, ministra, deputata e pure presidenta.
L’iniziativa ha fatto storcere il naso a qualcuno che non gradiesce il rinnovamento lessicale. Come <+nero>Mara Dalzocchio<+testo>, esponente della Lega Nord e presidente del consiglio comunale di Rovereto. «Basta con queste parole al femminile scordandosi del neutro. Quando si perdono di vista cose più serie, ci si rifugia tra le fandonie come il rilancio della lotta linguistica per la declinazione al femminile di tutte le cariche e professioni svolte da donne. Francamente trovo quest’iniziativa del tutto fuori luogo e desueta, in quanto l’italiano poggia le proprie basi su una lingua a torto considerata morta come il latino che considerava tre generi: accanto a maschile e femminile, il neutro.
Neutro che in italiano si è perso, sostituito dalla forma maschile. Non mi pare una deminutio (in latino) indicare una professione o un genere o, ancora, un incarico istituzionale inteso in senso lato e generale al maschile invece che declinarlo anche al femminile, con un andazzo stucchevole. Personalmente, da presidente del consiglio comunale della seconda città del Trentino, rifiuto la declinazione al femminile del mio incarico. Come donna credo che il genere cui appartengo abbia dinanzi a sé battaglie di valore sociale, etico e professionale di caratura ben migliori rispetto a discettare sulla declinazione al femminile di un lemma. Mi piacerebbe vedere altre battaglie, come quella per la creazione di asili aziendali con la possibilità di andare a trovarli nei momenti di pausa. Oppure la flessibilità dell’orario di lavoro o a maggiore accesso al tempo parziale. Ma così non è e ci si perde in quisquiglie lessicali».