Violenta la figlia, sette anni di carcere Il padre è accusato anche di maltrattamenti
Ha custodito dentro di sè quel terribile segreto per anni. Probabilmente senza nemmeno rendersi conto fino in fondo della gravità di quello che le era successo, perché all'epoca dei fatti aveva appena dieci anni. Un paio d'anni fa però, in un momento particolarmente difficile della sua adolescenza, quello che aveva subìto è tornato a galla. Con tutti i segni che aveva lasciato dentro di lei. Ma stavolta al suo fianco c'erano persone capaci di ascoltare: gli insegnanti della scuola. È in questo contesto che la ragazzina ha cominciato a raccontare dei maltrattamenti di cui era vittima assieme al fratello minore ormai da molti anni. Sberle, pugni e poi quell'episodio terribile che le ha profondamente sconvolto la sua vita: il padre ha abusato di lei.
Un capitolo di questa triste e dolorosa vicenda ambientata nel basso Trentino ieri mattina si è concluso nell'aula del giudice per le udienze preliminari del tribunale di Rovereto Monica Izzo, che ha condannato il padre ad una pena detentiva di 7 anni e 4 mesi. L'accusa è pesante: violenza sessuale e maltrattamenti, perché oltre all'episodio più grave che ha riguardato la primogenita, l'uomo è ritenuto responsabile anche per una serie di maltrattamenti ai danni della stessa figlia e del fratello minore. Una striscia di violenza che si trascianva da anni, stando ai racconti dei due ragazzi, cominciata quando il padre viveva con loro e proseguita anche in seguito alla separazione dei genitori. Sberle, pugni ed altri tipi di maltrattamenti che in almeno un caso avrebbero procurato anche delle lesioni ai danni della ragazzina. Sono emersi durante i due incidenti probatori.
L'uomo è condannato alla reclusione ma non è ancora in carcere perché quello che si è concluso ieri è il primo grado di giudizio. Probabilmente la difesa farà ricorso in Appello e in Cassazione e solo allora, se la pena pesante che è stata decisa ieri dal giudice Izzo verrà confermata, finirà in cella. Per ora entrano in atto le pene accessorie ossia la sospensione della potestà genitoriale e l'interdizione per l'uomo da tutti quei lavori e quegli uffici che hanno a che fare con i minori, come prescrive la legge in questi casi. Attualmente all'uomo è vietato avvicinarsi ai figli.
La condanna, pesante, per questa violenza avvenuta tra le mura domestiche è un segno tangibile della giustizia. Non cancellerà quel che è accaduto dalla mente di questi ragazzi, ma premia il loro coraggio di raccontare e mette in evidenza anche la capacità di ascolto e l'attenzione che alcuni insegnanti hanno nei confronti dei loro ragazzi. È così che la giovanissima vittima di questa storia è riuscita a togliersi un peso ed a comprendere meglio quello che le era successo. È così che chi si occupa della sua formazione è riuscito ad andare oltre il suo lavoro di educatore.