Processo per diffamazione, il ministro non è più testimone
Colpo di scena, venerdì, nel procedimento a carico dell’avvocato Paolo Mirandola, per diffamazione nei confronti di Matteo Salvini. Il ministro non sarà più obbligato a presentarsi in aula: la procura ha rinunciato a sentire la parte lesa, il giudice ha revocato la sua ammissione come testimone. L’udienza è stata comunque rinviata: se ne parlerà - forse per l’ultima volta- il prossimo 16 novembre. Ma la difesa Mirandola sembra per lo meno perplessa: «Non si è mai fatto un processo per diffamazione senza sentire la parte lesa, che è anche parte civile».
Prima di tutto il caso, che risale al 3 marzo 2015, a pochi giorni dalla manifestazione a Roma contro Renzi organizzata dal Carroccio. A quella manifestazione, oltre al mondo leghista, c’erano esponenti di destra ed estrema destra, cosa che aveva indignato l’avvocato Paolo Mirandola, allora consigliere comunale del Pd. Quando, il 3 marzo 2015, il collega Viliam Angeli ha sfoggiato in aula la maglietta con la scritta «Renzi a casa», che a quella manifestazione faceva riferimento, Mirandola ha preso la parola: «Qui il collega Angeli ha indossato la maglietta Renzi a casa. Io su questa cravatta, non si vede, ma ho scritto Salvini in galera. Salvini, un mascalzone, un delinquente abituale per tendenza, inserito naturalmente in un discorso politico, ha radunato in piazza del Popolo il peggio del Paese, i fascisti, le.. le.. le Casa Pound, associazioni che sono venute dalla Germania, dalla Grecia, da altri Paesi, le più destre possibili, le più pericolose possibili. Noi qui non faremo l’Aventino perché se si tratta di misurarsi e di scontrarsi, siamo pronti anche con altri mezzi a misurarci con questa gentaglia. Io dico che è la feccia del Paese e quindi concludo dicendo: Salvini in galera». Da qui la querela, ed il processo.
Ma Salvini - che, assistito dall’avvocato Claudia Eccher si era detto disponibile a discutere una transazione - fino ad ora non si è presentato. L’ultima volta aveva parlato di motivi famigliari, ottenendo un rinvio, ma pure una certa irritazione del giudice.
Ieri si è tornati in aula. Solo che nel frattempo Salvini è diventato ministro. E cause di legittimo impedimento è possibile che ne abbia. Ieri, per dire, non c’era perché doveva essere a Genova, dove si teneva il comitato per la sicurezza. Ovvio che l’assenza era più che giustificata. Ma a quel punto il pm ha chiesto di rinunciare al proprio teste. Non essendo presente - com’è scontato, in caso di diffamazione - la sua testimonianza è stata ritenuta non necessaria. Dello stesso avviso il giudice, che ha revocato l’ammissione di Salvini a testimone.
Di tutt’altro avviso la difesa: l’avvocato Mauro Bondi, ieri rappresentato in aula da un sostituto, ha evidenziato l’anomalia del procedimento: «Cos’è cambiato, dal momento in cui è stato ammesso come testimone, a questa mattina? - osservava ieri il legale - Quel che è cambiato è solo che il Salvini è diventato ministro. Questo non può danneggiare lui, ma nemmeno l’imputato. Salvini ha diritto al legittimo impedimento, e ci mancherebbe altro. Ma l’imputato ha diritto a confrontarsi con il suo accusatore». È possibile quindi che ci sia un’istanza per reinserire Salvini nella lista testi. Per ora, l’unica cosa certa è che il 16 novembre, finalmente, si sentiranno gli altri testimoni.