Con la legittima difesa aumenteranno i porto d'armi? Al poligono non c'è la corsa

di Matthias Pfaender

«Non siamo il Veneto o la Lombardia. Qui la “corsa al porto d’armi”, se anche c’è stato un incremento nel recente passato per diversi motivi, non c’è. E la nuova legge sulla legittima difesa secondo me non cambierà le cose».
Marco Leonardi Scomazzoni, 57 anni, è il presidente del Tiro a segno nazionale di Rovereto. Lo è da 30 anni esatti. Esperto di armi e legislazione delle armi, consulente del Museo storico per la valutazione dei reperti bellici, anima del maggior sodalizio sportivo della città e, forte dei suoi 1.500 tesserati e 10mila utenti totali che sparano nel poligono della Baldresca mezzo milione di proiettili all’anno, della regione.


Leonardi Scomazzoni, con la firma del presidente Mattarella, la cosiddetta legge sulla legittima difesa è in vigore.
«Sì. Ora la difesa, anche con arma da fuoco, è sempre legittima, nel senso che la proporzione tra difesa e offesa è riconosciuta esserci sempre quando una persona reagisce con un’arma all’aggressione o alle minacce subite. Non è punito chi reagendo con un’arma era “in stato di grave turbamento”».

Sì, ma al di là del testo della legge, che ne pensa lei come esperto e come cittadino? Insomma, quando è “giusto” sparare?
«Non cambia ciò che ho sempre pensato e quello che insegniamo. L’arma va usata solo quando si ritiene di essere in pericolo di vita. O si ritiene che in pericolo di vita ci sia una persona cara. Quando insomma sul momento credi che il giorno dopo non riaprirai gli occhi».

Con la nuova legge ci sarà una corsa alle armi?
«Non credo. Per tre principali motivi. Uno: qui non siamo in Veneto, Lombardia o Emilia, dove la criminalità predatoria, anche al netto dei numeri assoluti che ci raccontano di un calo dei delitti, si è resa protagonista di episodi efferati che hanno turbato profondamente le comunità. Penso per esempio alle rapine in casa, con persone sequestrate e malmenate. Rispetto al resto del Paese, siamo ancora un’isola felice, con elevata percezione di sicurezza. Due: il costo d’acquisto di un’arma non è indifferente. In più ci sono i costi della burocrazia e dei corsi obbligatori per il porto d’armi. Si oscilla, per stare bassi, dagli 800 ai mille euro. Tre: avere una pistola in casa è una responsabilità importante. E tanti quando prendono atto dell’impegno e dell’attenzione richiesta, della necessità di addestramento e pratica costanti, desistono».

Però in anni recenti anche a Rovereto c’è stato un aumento della richiesta di nuovi porti d’arma.
«Sì, ma da un paio di anni siamo tornati ai livelli standard, di circa 200-230 nuovi porti d’arma all’anno».

Non sembra poco.
«Consideri che siamo riferimento di un’area vasta, dall’alto Veneto, il Vicentino, e quasi tutta la regione».

E l’aumento degli anni passati a cosa era dovuto?
«La legge nazionale nel 2013 ha introdotto l’obbligo, per i possessori di qualsiasi arma, di un certificato di idoneità psicofisica. Questo perché a Roma ci si era resi conto che tantissime persone avevano in casa armi senza che vi fosse alcun controllo. E in Trentino, per motivi storici, l’incidenza di armi in casa era molto maggiore che in altre regioni. Parlo magari dei vecchi fucili appartenuti al nonno soldato o cacciatore, che per generazioni sono restati magari in un armadio in cantina senza manutenzione. “Trappole” spesso più pericolose per chi si azzardava ad usarle. Di fronte a questo obbligo, in tanti hanno scelto di consegnare le armi alle forze dell’ordine perché fossero rottamate. Una parte però ha scelto, di fronte alla necessità di fare comunque il certificato medico, di andare oltre e fare proprio il porto d’armi. Da qui l’aumento degli anni 2013-2018, che quantificherei in un 20-30% in più. Tra questi c’era indubbiamente anche chi voleva avere la pistola in casa per maggiore sicurezza. Ma l’ondata si è esaurita, ora siamo tornati ai livelli del 2012».

In altre parti d’Italia però l’aumento è stato molto più consistente.
«Vero. Sono in contatto con molti presidenti di poligoni in giro per l’Italia. In Veneto ci sono stati anche aumenti del 150, 200% da un anno all’altro. Dovuti, questi sì, ad una richiesta di maggiore sicurezza».

Quante armi ci sono a Rovereto?
«Non lo so, e non azzardo stime. Lo sa solo la Questura. Però sono convinto che quelle che vediamo noi al poligono siano solo una minima parte delle armi detenute nelle case».

Chi è oggi a chiedere il porto d’armi?
«Sono in aumento i porti d’arma sportivi, che permettono di possedere fino a 12 armi. In netto calo i porti d’arma per cacciatori, che permettono di avere in casa armi senza limiti. Perché sono diminuiti i cacciatori. E sono crollati i porti d’arma per difesa personale, gli unici che ti permettono di girare con un’arma per strada. È un segno dei tempi: erano i porti d’arma che si rilasciavano a benzinai o gioiellieri, in genere persone che per la natura del loro lavoro dovevano maneggiare grandi quantità di contante. Con lo sviluppo dei pagamenti elettronici, sono diminuiti anche i porti d’arma».

Ma tra quelli che hanno in casa un’arma, e che magari una volta acquistata non si sono più esercitati al poligono, quanti pensa siano capaci all’occorrenza di usarla davvero contro un altro essere umano?
«Ma neanche di coloro che si allenano tutti i giorni a sparare si può dire come reagiranno davvero se e quando saranno in una condizione critica. Per questo le forze dell’ordine si addestrano almeno tre volte all’anno. E sempre per questo motivo il nostro poligono è così tanto frequentato ed utilizzato da polizia e corpi di polizia locale. È uno dei pochi in Italia con il “sistema interattivo di addestramento al tiro” (siat). In breve, è una videoproiezione di filmati per l’addestramento indoor con armi e munizioni reali. In pratica spari, e soprattutto decidi di non sparare, ad un video a dimensioni naturali che simula situazioni di stress elevato, con figure che potrebbero o meno avere un’arma. Sono disponibili vari scenari, ludici per tutti gli utenti e tattici riservati agli appartenenti ai corpi armati o ai possessori di porto d’armi per difesa. Vi racconto di un caso: un giorno arriva un giudice, da fuori provincia, che si definisce molto esperto nel maneggio delle armi. Gli spieghiamo le regole del simulatore, e facciamo partire la sessione. Spara subito. Ad una figura che gli mostrava due dita».

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