Gli agenti della polizia locale a lezione di spray urticante
Da strumento di autodifesa indicato soprattutto per le donne che troppo spesso si imbattono in incontri davvero poco edificanti ad arma vera e propria. Lo spray al peperoncino, negli anni, è passato da innocuo allontanatore di persone inopportune a micidiale arnese da potenziale strage di massa. Quanto successo in discoteche o assembramenti di piazza (gli episodi di piazza Castello a Torino durante una finale di Champions League di calcio, in tal senso, sono sintomatici) ha costretto soprattutto le forze dell’ordine a darsi una regolata. Anche se, a onor del vero, le donne e gli uomini in divisa sanno quando e come spruzzare il gas urticante mentre la gente qualunque abusa spesso e volentieri di questo antidoto ai malintenzionati.
Quando nel settembre del 2009 furono messi nelle mani degli agenti di polizia locale di Rovereto, le ironie e le polemiche sugli spray al peperoncino furono molte e in diversi casi accese. Del resto, all’epoca gli «spruzzini» antiaggressione facevano parte (oltretutto la parte meno bersagliata dalle critiche) della dotazione che palazzo Pretorio consegnò ai vigili urbani. Dotazione che comprendeva anche armi e giubbotti antiproiettile. Adesso sono ritenuti praticamente alla stregua di una pistola. Tant’è che per essere in regola bisogna conseguire un patentino, una certificazione che, attenzione (ma siamo pur sempre in Italia, via), è richiesta solo ai tutori dell’ordine e non al cittadino qualunque.
Capita così che palazzo Pretorio sia costretto a spedire tre referenti del corpo di polizia locale ad un corso professionalizzante per avere, appunto, la patente di agente capace di usare lo spray al peperoncino. La giunta, per capirci, su suggerimento del comandante Emanuele Ruaro ha scelto tre funzionari del comando di via Parteli che in questo fine settimana stanno partecipando ad uno dei pochissimi corsi ad hoc. Sono infatti a Rimini per imparare come si usa lo spray al peperoncino, all’anagrafe ufficiale delle forze dell’ordine registrato come spray «O. C. antiaggressione». Al termine del corso, i «nostri» riceveranno un diploma che funge da attestato di «sprayatore» esperto.
Al di là della facile ironia, questo passagggio formativo è indispensabile per consentire ai tre agenti in trasferta di formare i nuovi vigili assunti in comando. Perché, e la cronaca lo conferma, armeggiare con questo apparentemente innocuo arnese rischia di portare alla strage.
Al di là della gestione civile o militare dello spruzzino, a livello di forze dell’ordine si fanno le cose per bene. E infatti si guarda anche alla data di scadenza del prodotto che, per gli ignari frequentatori di discoteche, è di tre anni. Questo, almeno, è il periodo di garanzia di efficacia degli erogatori di sostanza urticante, per l’utilizzo dei quali i vigili urbani si sono dovuti sottoporre a specifico addestramento e che adesso - perché in Italia non ci facciamo mancare niente, soprattutto se si tratta di rompersi le scatole - sono costretti a scendere a Rimini per una «convention» che ha come merito quello di rilasciare un certificato approvato dal ministero.
In realtà la polizia locale roveretana sono dieci anni che ha a disposizione questa micidiale arma. Che, per gli amanti del portafoglio, costa 44 euro al pezzo.
Ad oggi, comunque, nonostante la dotazione di flaconi assicurata da palazzo Pretorio alla propria guardia municipale, nessuno ha mai spruzzato. Forse perché mancava l’autorizzazione ministeriale? No, molto più probabilmente perché Rovereto è tutto sommato una sonnacchiosa cittadina di periferia. Adesso, però, c’è in ballo il corso professionalizzante e, come detto, battute a parte utilizzare un simile orpello se non si conoscono appieno le reazioni può essere davvero pericoloso. I fatti di Torino e della Romagna, con morti annotati, lo confermano.