Rurali, mega-fusione in vista fra Rovereto e Alto Garda: accordo segreto a ciel sereno

La Cassa Rurale Alto Garda e quella di Rovereto lunedì sera hanno firmato un protocollo d’intesa: da oggi inizia un percorso di aggregazione, con l’obiettivo di arrivare ad una fusione. Se tutte le tessere del mosaico andranno a posto - se i soci saranno d’accordo, se gli organi di garanzia daranno il via libera e se la contrattazione proseguirà proficuamente - nel 2021 dovrebbe nascere la Cassa rurale Alto Garda Rovereto. Un colosso: un patrimonio superiore ai 200 milioni, un attivo di bilancio a 3 miliardi, 1,5 miliardi di impieghi, 3,3 miliardi di raccolta, 100 mila clienti, 350 dipendenti e 51 filiali, con indici di solidità ottimi (Tcr ratio 18%, Npl ratio 9,1%). Se i soci saranno d’accordo, sarà la seconda Bcc trentina, la terza nel gruppo Cassa Centrale banca. «Visto l’orizzonte, la miglior opzione che potevamo avere» commentava ieri il presidente di Rovereto Geremia Gios, che su questo terreno si è speso in modo attivo, convinto. Lui e la sua squadra: il Cda ha votato all’unanimità. Un dato che non era scontato. Quanto al suo omologo di Arco, Enzo Zampiccoli rassicurava sul fatto che «queste operazioni di fusione non snaturano la funzione delle piccole banche del territorio».

Per capire come si è arrivati qui, serve fare qualche passo indietro. Da tempo soprattutto Cassa Centrale insisteva con Rovereto, affinché trovasse un partner adeguato per una fusione, divenuta ormai necessaria, se non urgente. Il percorso - doloroso e lungo - di ripulitura dei bilanci, dopo la crisi dei crediti deteriorati, sembra essere concluso, ma la cassa in questi anni si è lasciata indietro pezzi di patrimonio. Per questo, per garantire flessibilità d’azione alla banca, una fusione con un soggetto con le spalle larghe sembrava necessaria. Su spinta di Trento si era discusso con la Cassa Rurale Vallagarina, ma l’intesa, tra Ala e Rovereto, non è mai andata oltre formalismi obbligati. A chiudere una storia mai nata era stato Gios la scorsa primavera, e nel contempo aveva annunciato che avrebbe guardato all’Alta Vallagarina.
In pochi mesi è cambiato tutto. Un mese e mezzo fa, sono iniziate trattative che si sono tenute, volutamente, riservate. Lunedì sera il protocollo. Che dà l’avvio ad un percorso da proporre ai soci. Questa è, come spiega un’asciutta nota, «la premessa ai necessari approfondimenti tecnici, avendo le presidenze e le direzioni delle due banche già trovato convergenza sugli aspetti strategici salienti relativi alla governance e all’assetto complessivo». Sarà una fusione per incorporazione: un rappresentante di Rovereto sarà cooptato nel Cda della nuova cassa, che si chiamerà Alto Garda Rovereto. Quanto alla sede, resterà ad Arco, sia quella legale che operativa, ma Rovereto diventerà riferimento per la Vallagarina.

Quanto alle implicazioni politiche in senso lato, evidentemente l’operazione chiude alla possibilità di una cassa della Vallagarina. Ma unisce casse che operano in territori continui e complementari: «La presenza di territori demograficamente rilevanti che già condividono una capillare rete di servizi ai cittadini e alle imprese (sanità, giustizia, catasto, scuola e università) rappresenta un ulteriore fattore propulsivo alla realizzazione del progetto di un’unica cassa Rurale, vicina alle proprie comunità e in grado di affrontare nuove sfide con il supporto del Gruppo bancario cooperativo di Cassa centrale».


L'intervista - Il presidente roveretano Geremia Gios risponde col tono divertito di chi sa di aver scompaginato le carte, ma con la consapevolezza, rivendicata a più riprese, di aver trovato la soluzione a suo parere migliore per garantire soprattutto dignità alla storia della cassa rurale di Rovereto. Migliore, spiega, per tutti: per i dipendenti, per l’economia del territorio e per la città e il ruolo che deve mantenere.

Presidente, o ci siamo persi qualcosa in queste settimane, o è stata una assoluta sorpresa.
«Diciamo che abbiamo fatto tutto velocemente, mantenendo riservata la trattativa. In tre settimane abbiamo trovato un terreno comune. Sostanzialmente abbiamo firmato un protocollo d’intesa. Ora bisognerà parlare con i soci, attendere per sapere se abbiamo le autorizzazioni, ma le linee guida dell’operazione sono definite».
Se nascerà la nuova Cassa Rurale Alto Garda Rovereto il territorio avrà per lo meno un interlocutore forte in un momento complicato per l’economia lagarina.
«L’obiettivo è stato quello di non puntare sulle poltrone, ma su un’identità che potesse avere un ruolo attivo e propositivo in un momento economico difficile come quello che stiamo vivendo».
Quali sono i tempi?
«Se i soci riterranno questa operazione opportuna, nel luglio 2021 la fusione sarà operativa. Dobbiamo ottenere le autorizzazioni, discutere con i soci. Le finestre utili erano gennaio o luglio, per gennaio è impossibile».
Nelle discussioni con la Cassa Rurale Vallagarina sembrava che fosse dirimente il mantenimento a Rovereto della sede. Difficile immaginare che Arco traslochi. Qual è l’intesa?
«La sede legale e operativa sarà ad Arco, ma con una sede distaccata a Rovereto, che sarà punto di riferimento per l’attività della Vallagarina. Quindi anche per Mori, Brentonico e Val di Gresta, territori già serviti dall’Alto Garda. E questo significa che il personale resterà qui, non sarà ridotto, ma anzi potenziato. Per me questa era una priorità».
I soci potrebbero essere un po’ disorientati. Dopo Ala si è parlato di Alta Vallagarina. Lì il percorso si è chiuso?
«Con l’Alta Vallagarina avevamo avviato un confronto, ma quell’operazione non era sostenibile in autonomia. Per fare quella fusione, sarebbe stato necessario un intervento di capitale da parte di Cassa centrale, che però per il patto di coesione, avrebbe così acquisito la maggioranza in consiglio. O meglio, il patto dice che in caso di sostegno ad un’operazione di questo tipo, avrebbero potuto ottenere la maggioranza. Magari avrebbero pure deciso di non esercitare questa prerogativa, ma nel dubbio, meglio prevenire il problema».
E per quanto riguarda la governance? È una fusione per incorporazione, quindi il presidente resta Zampiccoli. Ma la rappresentatività di Rovereto?
«Nel periodo provvisorio, tra il primo luglio 2021 e l’assemblea successiva, entrerà in consiglio un membro che rappresenterà i territori serviti dalla Cassa Rurale di Rovereto. Questa persona, scelta dall’assemblea dei soci, sarà vicepresidente. Questo varrà per il primo periodo, poi non ci sarà vincolo territoriale».
L’Alto Garda ha 12 mila soci, Rovereto 3.300.
«Sì, ma dei 12 mila soci una quota rilevante è di cittadini lagarini».
Con questa fusione si chiude ogni possibilità di costruire la banca della Vallagarina, di cui si discuteva anni fa.
«Faccio presente che in Alto Garda già ci sono Mori e Brentonico. È tanta gente, 13 mila persone, il 15% degli abitanti della Vallagarina, che è lo stesso numero più o meno di abitanti in Vallagarina che fanno riferimento ad Ala. Questa, in fin dei conti, è una fusione dentro la Vallagarina».
Cosa dirà ai soci? Nasce il polo del basso Trentino?
«Dirò che questa a mio parere è la migliore soluzione praticabile. Nel quadro di riferimento della riforma del sistema bancario, che come tutti sanno mi vede contrario, abbiamo l’opportunità di creare una banca che può avere delle basi economiche solide e un polo del basso Trentino che se la gioca alla pari con Trento. E poi c’è un collegamento territoriale comprensibile: parliamo di due territori contigui, di sistemi economici per molti versi complementari. Non è un caso, che quando si discuteva di Rovereto provincia, si inseriva nell’equazione il territorio dell’Alto Garda».
Quando 5 anni fa ha preso in mano la banca, ha promesso di tutelarla. Questo è un modo?
«Sì. Vista la cornice di riferimento, la mia priorità era quella di salvaguardare la banca e l’occupazione. A mio parere questa è l’opzione migliore».

comments powered by Disqus