A Valduga arriva un conto da 500mila euro
La nomina di Mauro Amadori direttore generale del Comune, cinque anni fa, per la procura della Corte dei conti è stata illegittima
La nomina di Mauro Amadori direttore generale del Comune, cinque anni fa, per la procura della Corte dei conti è stata illegittima. Non solo, per i magistrati contabili sarebbe avvenuta ben sapendo di sbagliare e dunque con dolo. E addirittura, riportano nell'atto di citazione Roberto Angioni e Marcovalerio Pozzato, architettando un concorso ad hoc e coinvolgendo una dozzina di persone tra sindaco, assessori, capo del personale, segretario comunale e l'intera commissione chiamata a selezionare il gruppo ristretto di candidati da sottoporre all'insindacabile giudizio del primo cittadino Francesco Valduga.
Le accuse, ovviamente, sono tutte da dimostrare ma intanto la procura ha presentato il conto a coloro che ritiene responsabili di un grave danno erariale: 463.195,70 euro. Soldi che, in caso di condanna, dovranno essere «restituiti» al Comune. I pm ci vanno giù duri, con contestazioni pesanti che farebbero intendere un intrigato giro di accordi per arrivare alla figura prescelta. Ma questo, ovviamente, è solo l'atto di citazione. Toccherà infatti ai giudici, il 14 aprile 2021, stabilire se effettivamente c'è stato un danno per palazzo Pretorio oppure se tutto è avvenuto secondo le regole. Tanto più che alla selezione si erano presentati 27 candidati poi ridotti a 6 dalla commissione e tra questi, come prevede la norma, il sindaco ha scelto il suo uomo. E, per capirci, alla prima sforbiciata affidata a degli esperti esterni nessuno ha protestato, contestato o presentato ricorso al Tar.
A sollevare il polverone, però, ci ha pensato la politica. L'allora consigliere di opposizione Marco Zenatti, infatti, portò la questione in aula e, non soddisfatto delle spiegazioni di Francesco Valduga, presentò un esposto alla corte dei conti. Che ha fatto il suo corso. In 27 pagine di accusa, la procura contabile ripercorre le tappe delle vicenda e mette nero su bianco delle puntuali accuse a tutti i coinvolti, dalla giunta agli uffici di piazza del Podestà fino a chi, da esterno, è stato chiamato a scremare l'elenco degli aspiranti direttore generale. Ma sotto la lente è finito proprio quello su cui ha puntato il dito Zenatti: la nomina di Amadori non era legittima e il Comune avrebbe imbastito un concorso su misura coinvolgendo un nutrito numero di persone. Gli strali di piazza Vittoria, però, sono stati scagliati anche contro il contenimento della spesa che un ente pubblico, da buon padre di famiglia, è chiamato a rispettare. E in questo caso, secondo gli inquirenti, inserire nell'organico del municipio di Rovereto una figura come il direttore generale non avrebbe prodotto alcun risparmio ma solo un costo. Dunque un danno.
Alla fine, insomma, si chiede ad amministratori e dirigenti di pagare il conto. Salato, per altro. Per un incarico che le minoranze in consiglio comunale hanno attaccato da subito. Tanto da presentare mozioni per chiedere lumi alla giunta. Il caso, poi, si è amplificato con il riordino della macchina municipale, la rotazione dei dirigenti e la riduzione dell'organico in base ai pensionamenti. Una manovra, presentata come contenimento della spese e che di fatto tale è stata, che non è piaciuta all'opposizione perché decisa senza coinvolgere l'aula. Tant'è che la stessa ha messo ai voti due delibere per cancellare proprio la riorganizzazione dei dirigenti e per dare il benservito a Mauro Amadori. «L'individuazione della figura del direttore generale - insisteva allora Zenatti - non è stata corretta perché si sarebbe dovuta fare una selezione interamente pubblica mentre così non è stato».
La patata bollente, come detto, è finita sotto i riflettori della procura generale presso la corte di conti che non è stata certo tenera nell'istruire la pratica. Partendo dalla presunta mancanza di requisiti fino all'assunzione, ancorché a tempo determinato, come dirigente e poi come direttore generale. Un passaggio che i diretti interessati ritengono assolutamente «legale» e che, ovviamente, dovrà essere valutato dalla corte ormai la prossima primavera. L'atto di citazione, chiaramente, non è certo una sentenza ma sicuramente crea subbuglio perché, danno erariale o meno, la questione rientra nell'italica bagarre politica. Da un punto di vista pratico, invece, coinvolge la scorsa giunta comunale ma anche i vertici di palazzo Pretorio e la commissione esterna incaricata delle selezione. Ed ogni passaggio ha dei costi precisi tanto che si chiede il saldo a tutti: quasi mezzo milione di euro con «rate» dimensionate a seconda della percentuale presunta di coinvolgimento. In piazza del Podestà sono sereni sull'esito del contenzioso, un po' meno sulle ripercussioni politiche.