Marco Ioppi: «Deleterio il ricorso alle cooperative per il pronto soccorso»
Il presidente dell'Ordine dei medici critica le scelte dell'Azienda sanitaria per far fronte alla carenze di personale: «L'Apss si comporta come un burocrate che cerca di mantenere un servizio senza pensare alla qualità di un servizio primario di assistenza»
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TRENTO. «Siamo in una situazione drammatica». Marco Ioppi, presidente dell'Ordine dei medici del Trentino, non usa giri di parole per descrivere la situazione del pronto soccorso dell'ospedale di Rovereto, in affanno perché rimasto con sei medici che sono giusto quelli che servono per coprire i turni delle 24 ore.
«Proprio ora che abbiamo l'ospedale Santa Chiara che soffre per una serie di problemi, il fatto che anche a Rovereto ci sia questa situazione significa mettere a repentaglio la sanità trentina».
Dottore, lei è stato primario di ginecologia per anni al Santa Maria del Carmine. Come siamo arrivati a questo punto?
«Manca una visione d'insieme. In tre anni l'Azienda sanitaria trentina ha cambiato tre direttori generali. Si portano avanti progetti demagogici come quelli della riapertura dei reparti di maternità negli ospedali di valle, spendendo soldi inutili. L'Azienda si comporta come un burocrate che cerca di mantenere un servizio senza pensare alla qualità di un servizio primario di assistenza e al fatto che con le soluzioni tampone non si risolve il problema. Non si può accentrare, non si può accorpare, bisogna potenziare. Invece siamo arrivati a questo punto».
Ha in mente anche una soluzione immediata per uscirne?
«A mali estremi bisogna rispondere con estremi rimedi. Vanno aumentati i budget, subito. I medici vanno pagati adeguatamente per creare quelle condizioni di attrattività che mancano al Trentino».
É stato detto molte volte, ma ci ripeta perché.
«C'è il settore privato che porta via professionisti perché vogliono sicurezze di carriera, mentre nel pubblico sono stati ridotti i posti di responsabilità; un medico nel pubblico ha solo il 15% di possibilità di fare carriera. Secondo dobbiamo fare dei disegni che vadano ad aumentare la professionalità. Terzo: la gente va pagata, soprattutto nella nostra provincia se vogliamo sopravvivere con gli Stati e le province vicine (in Germania, Svizzera e Francia gli stipendi negli ultimi vent'anni sono aumentati del 300%, in Veneto c'è più possibilità di ricerca). Allora bisogna ripensare ad una indennità trentina. É stato fatto per gli ospedali periferici ed ha funzionato, i medici hanno risposto, ma in questo modo l'Azienda si è data la zappa sui piedi perché lo ha fatto per le periferie ed ha sguarnito gli altri ospedali centrali».
Questa può essere una soluzione immediata?
«Sì, possiamo sperare che vengano i medici dalle altre regioni così. Con questo non vogliamo dire che i medici sono sensibili solo ai soldi, ma usciamo da due anni di pandemia in cui i medici sono quelli che hanno consentito la ripresa della vita sociale, sono stati osannati e poi quando si tratta di dare un adeguamento o di approvare contratti ci siamo dimenticati che sono professionisti che vanno adeguatamente corrisposti. E poi ci si lamenta che bisogna chiudere i reparti».
La riapertura di reparti come la maternità in ospedali periferici ha influito su questa situazione d'emergenza nei pronto soccorso di Rovereto ed Arco?
«Certo. Lì si spendono un sacco di soldi inutilmente. Manca una visione d'insieme e ci si concentra su questi progetti demagogici».
Le cooperative a cui "attingere" medici possono essere una strada percorribile?
«No, assolutamente. Sono deleterie. In un servizio pubblico bisogna guardare alla qualità. Nelle cooperative, pur se ci sono dei professionisti seri, non sono selezionati con il rigore del pubblico e non si sa a chi rispondono. Inoltre se c'è una cooperativa che offre di più non ci penseranno due volte ad andare via. Le cooperative danneggiano e peggiorano la situazione».
L'Ordine dei medici può fare qualcosa?
«Noi abbiamo fatto queste proposte. Chiediamo che vengano coinvolgere i medici, farli diventare protagonisti, responsabili, autonomi. Far sì che possano dire la loro quando vengono prese queste decisioni. Invece ci sentiamo dire che siamo responsabili moralmente della tenuta del servizio. Abbiamo dato prova di responsabilità ben oltre le aspettative, ma senza mai un coinvolgimento».