Rovereto, si cappotta con la carrozzina: “La colpa è solamente sua”
Una disabile si è ribaltata per colpa di una buca ma tanto il tribunale quanto la corte d'appello hanno detto che il Comune non c'entra
ROVERETO. Strade e marciapiedi sono proprietà pubblica, del Comune insomma, ma non sempre quando si inciampa e ci si fa male la colpa è del sindaco. Anche se, è bene ricordarlo, in passato l'assicurazione di palazzo Pretorio è stata costretta a più riprese a mettere mano al portafoglio per risarcire cittadini azzoppati da buche od ostacoli non segnalati in città, soprattutto sui percorsi pedonali e ciclabili interni all'urbe.
Stavolta, però, i giudici hanno negato la richiesta danni ad una donna disabile che si è capottata con la carrozzina a causa di un avvallamento, per altro coperto dalle foglie, non individuato mentre transitava proprio sul marciapiede. Una trappola, insomma, che certo la malcapitata non si aspettava di trovare sul suo percorso.
La richiesta di ristoro economico per quella mancanza di manutenzione urbana, però, è stata rigettata: non ha diritto a ricevere nemmeno un euro. Il diniego ad avere un risarcimento per le lesioni subite, chiaramente, non è piaciuto all'infortunata che ha impugnato la sentenza davanti alla corte d'appello che, esattamente come il giudice di prime cure, ha negato qualsivoglia ristoro. Per questo la disabile ha deciuso di rivolgersi alla corte di cassazione dove tanto il Comune che l'assicurazione che cura gli interessi di palazzo Pretorio hanno deciso di resistere.
La signora in questione, disabile motoria e costretta da anni a spostarsi solo con presidi, come detto era sul marciapiede spinta dalla badante. Ed è stata proprio la collaboratrice a provocare, suo malgrado, la caduta a terra della donna. L'accompagnatrice, per capirci, stava conducendo la carrozzina ma, secondo il giudice, non prestando attenzione a dove metteva i piedi. E così, giunta in prossimità di un avvallamento, ha rischiato di cadere lei stessa scaricando la «forza» per mantenere l'equilibrio sulla sedia a rotella che, proprio in virtù del dosso nascosto dal fogliame «souvenir» dell'autunno, si è girata scaraventando sui sampietrini la per altro ignara disabile.
I traumi subiti, ovviamente, sono stati medicati all'ospedale Santa Maria del Carmine ma per quell'infortunio si è pensato bene di chiede i danni a palazzo Pretorio. Che ha girato la questione all'Itas Mutua, l'assicurazione che lo tutela. In primo grado, come detto, contrariamente al comune pensare, il tribunale ha riscontrato distrazione e, detta in termini grossolani, testa tra le nuvole di chi spingeva la carrozzina che, al contrario, avrebbe dovuto prestare la massima attenzione durante la passeggiata anche in virtù di chi stava accompagnando.
E infatti, si rileva, l'assistente doveva accorgersi del dosso cosa che non è avvenuta se non all'ultimo momento, quello fatale per ribaltare la malcapitata signora costretta su una sedia a rotelle. Il principio generale stabilito dal codice civile, d'altro canto, è quello che, di solito, il custode risponde di quello che ha, appunto, in custodia. In questo caso il proprietario del bene, il marciapiede, è il Comune che, dalle norme, viene sollevato dalle responsabilità se dimostra che il caso è fortuito. Ma il mancato ristoro dei danni può anche essere integrato dalla colpa di chi si fa male.
E la casistica, non a caso, contempla la passeggiata parlando amabilmente al telefonino oppure chi ammira il panorama con lo sguardo altrove anziché dove mette i piedi. Solo se l'ostacolo sulla pubblica via è evidente, ben visibile, si ha l'obbligo di segnarlo. Come, per esempio, in presenza di una buca. Stavolta, invece, il giudice civile e la corte d'appello hanno riconosciuto che la colpa del ribaltamento con lesioni era di chi spingeva la carrozzina perché non ci si è trovati davanti ad un'anomalia della strada ma di una sua caratteristica specifica, con un avvallamento figlio della morfologia dell'arteria stessa.