Tentato omicidio a Rovereto, viene condannata: ma prende solo 2 anni e 2 mesi
Confermata in appello la sentenza di primo grado per la giovane che quattro anni fa accoltellò il suo fidanzato. Per il difensore era legittima difesa. La Corte non ha accolto questa tesi, ma ha applicato il massimo delle attenuanti
TRENTO. La Corte d'appello di Trento ha confermato la condanna in primo grado per tentato omicidio di L.I., la giovane che il 30 settembre 2018 a Rovereto ha inferto una coltellata a R.V., fino ad allora il suo ragazzo, dopo una lite. Un fendente che solo per caso non fu mortale. Ciò nonostante la pena comminata in primo grado e confermata ieri è di due anni e due mesi. Una pena relativamente mite per un atto di questa gravità.
Le motivazioni della sentenza si attendono entro 90 giorni. La conferma del titolo di reato, tentato omicidio, indica che la Corte non ha accolto la tesi difensiva che parla di legittima difesa. Tuttavia è stato applicato il minimo della pena con le attenuanti, segno che quella notte di fine settembre di quattro anni fa un ferimento grave prodotto dalla ragazza con un coltello c'è sicuramente stato, ma l'imputata, questo è l'argomento principale della difesa, si era sentita gravemente minacciata.
La notte del 30 settembre 2018 il giovane ha atteso fino a tardi che la ragazza rientrasse a casa per prendere i suoi effetti personali, dopo che aveva deciso di troncare la loro relazione sentimentale. A casa è scoppiata una lite, fino a che la giovane non ha inferto un colpo con il coltello al ragazzo. Lui, ferito e dolorante, è uscito di casa e si è incamminato verso l'ospedale, che è a poca distanza dall'abitazione. Lei l'ha raggiunto e accompagnato al pronto soccorso del Santa Maria del Carmine.
In ospedale il giovane è stato operato. Un intervento delicato, perché la lama aveva colpito il fegato e non solo: è stato necessario asportare la cistifellea e c'è voluto qualche giorno per dichiarare il giovane fuori pericolo. La giovane è stata condannata in primo grado l'anno scorso.
«La Corte d'appello ha confermato la condanna - dice l'avvocato Andrea De Bertolini che difende la ragazza - Il reato è tentato omicidio e noi non condividiamo questa conclusione. Per noi era legittima difesa come conseguenza di un'aggressione da parte di un giovane alterato. Abbiamo ribadito che lei non voleva ferirlo, che dopo lo ha accompagnato all'ospedale a piedi».
La pena per tentato omicidio è da un terzo a due terzi inferiore di quella per omicidio volontario, che parte dai 21 anni. Quindi parliamo di un minimo di sette anni. In questo caso la difesa aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato e quindi la pena viene ridotta di un terzo. Sono state applicate anche le attenuanti per la condotta risarcitoria, cioè per l'accompagnamento all'ospedale.
Tuttavia due anni e due mesi, confermati in appello, sono una condanna mite per questo reato. In sostanza la Corte, pur non accogliendo le tesi difensive, «ha valorizzato le specificità del caso» dice De Bertolini. Farete ricorso in Cassazione? «Aspettiamo la sentenza, poi valuteremo».
«Siamo pienamente soddisfatti del riconoscimento della responsabilità della donna - afferma da canto suo l'avvocato Nicola Canestrini che assiste la parte lesa, cioè il giovane - Non abbiamo mai cercato rivincite, né che ci fosse il massimo della pena o che la donna andasse in carcere, infatti non avevamo impugnato la sentenza di primo grado. A noi bastava che venisse accertata la sua responsabilità».