Il Dipartimento di psicologia di Rovereto: «Siamo una realtà unica in tutta Italia»
Mentre si appresta a festeggiare i vent’anni a Rovereto, il docente Jeroen Andre Filip Vaes ripercorre le tappe ma guarda anche ai tanti progetti già in cantiere per il futuro dell’Università
ROVERETO Nel 2023 altri due corsi di laurea: triennale in scienze motorie e magistrale in bioingegneria industriale
IL PROGETTO Controllare l’ansia grazie alla realtà virtuale: l’indagine della Fondazione Bruno Kessler
LO STUDIO L'ansia si può predire dal volume cerebrale. La ricerca dell’Università di Trento
ROVERETO. Mentre il Dipartimento di scienze cognitive e della formazione (oggi psicologia e scienze cognitive) dell'Università di Trento emetteva il suo primo vagito, nel 2003 a Rovereto, Jeroen Andre Filip Vaes (nella foto) si stava trasferendo dal Belgio a Padova.
Lasciava il suo Paese per un posto prima da assegnista e poi da ricercatore all'Università di Padova, dove ha lavorato per 12 anni nel Dipartimento di psicologia di sviluppo e della socializzazione. I primi contatti con la città della quercia li ha avuti proprio in quegli anni, conoscendo colleghi che venivano da un'esperienza universitaria a Rovereto e che ci stavano andando.
Poi ha avuto modo di collaborare con il dipartimento roveretano di cui oggi è il direttore oltre che docente di Psicologia sociale. E ormai roveretano d'adozione.
Direttore, un pezzo di storia l'università a Rovereto l'ha scritta in questi primi vent'anni. E lo ha fatto dimostrando di saper anticipare i tempi nella scelta dei corsi che ha proposto, non trova?
«Questo è un aspetto che ha marcato la realtà di Rovereto fin dall'inizio, perché non c'è una realtà simile in Italia al Dipartimento di scienze cognitive come è stato pensato e creato qui. Nasce dalla complessità di ciò che studiamo: la mente umana. Noi cerchiamo di capire il cervello, i prodotti della mente e il comportamento in generale ma non avendo una macchina che riesce a guardarci dentro è meglio osservarla da tutte le prospettive immaginabili. Da qui la scelta di creare un progetto multidisciplinare che include scienze che vanno dall'antropologia alle neuroscienze, dalla psicologia all'informatica, dalla filosofia alla linguistica. Insieme aiutano ad avere un'idea più completa di cos'è la mente e di come funziona».
È più difficile ma più stimolante perché mette a contatto con molti settori diversi...
«Sì, ci sono diversi tentativi di integrare queste conoscenze in progetti di ricerca e didattici. La triennale in Interfacce e tecnologie della comunicazione, che prevede anche una magistrale in inglese su Human computer interation nasce proprio da questa necessità della tecnologia che è cambiata: non si tratta più di capire dove è meglio mettere un pulsante perché attiri l'attenzione al momento giusto, ma dobbiamo capire la psicologia dell'utente affinché scopra da solo come funziona. E poi dobbiamo leggere gli effetti della tecnologia sulla nostra vita».
La città, storicamente, ha sempre avuto un ruolo importante nel settore umanistico da una parte ed industriale dall'altra. Un mix ideale per il vostro Dipartimento?
«Senz'altro. Più nettamente con lo spostamento del Cerism all'ex Manifattura, uno dei progetti che stiamo sviluppando è l'apertura di una laurea triennale in scienze motorie. Così come collaboriamo con altre start-up che hanno sede lì».
Quali sono i possibili sbocchi di lavoro per chi studia a Rovereto?
«Chi studia psicologia ambisce a praticare la terapia o comunque la psicologia più clinica, abbiamo un ramo che li prepara a questo e che dall'anno prossimo sarà anche abilitante. Un altro campo è quello degli psicologi del lavoro, che rendono i lavoratori più efficienti e mira a creare benessere. Nelle neuroscienze poi si va dalla riabilitazione alla ricerca. Il filone di interazione uomo-macchina consente di lavorare nelle più variegate realtà: ad esempio qualsiasi azienda che usa servizi digitali (siti web di una banca, aziende di marketing e via dicendo). Questi sono laureati che sanno programmare, perché hanno una preparazione informatica, ma con una particolare attenzione all'utente. La triennale di questa laurea è organizzata in stretta collaborazione con Fbk, fondazione Bruno Kessler, e la magistrale con Disi, il dipartimento di scienze informatiche dell'Università di Trento».
C'è qualche progetto che, da quando è qui nel 2014, ha avuto particolarmente a cuore? O qualche altro che vorrebbe veder nascere?
«Siamo uno dei sette dipartimenti dell'Università che hanno potuto riconfermare l'eccellenza: questo ci permette di avere accesso dal 2023 al 2027 ai fondi ministeriali per realizzare un progetto che per noi gira attorno a due parole chiave: benessere ed inclusione. Sia negli ambiti di ricerca insieme a Fbk e Cerism, che per la nascita della laurea in scienze motorie ma anche per completare il ciclo di insegnamento in psicologia con la Scuola di specializzazione che abilita alla psico terapia. Dopo le lauree triennali, magistrali e il dottorato, questo è un obiettivo per i prossimi cinque anni».
Accanto a tutto questo, fornite anche un supporto psicologico all'Ateneo e una preparazione agli insegnanti per i bisogni speciali, vero?
«Sì, formiamo gli insegnanti di sostegno e con l'Odf lab, laboratorio di osservazione diagnosi e formazione che è un centro di eccellenza di per sè, forniamo un aiuto psicologico. E poi proponiamo cicli di incontri aperti alla cittadinanza. Insomma, siamo anche sul territorio».