Sopra le nuvole con Francesco Dante: «Ecco perché tanti trentini diventano dei piloti»
Roveretano, di stanza nella base di Piacenza, è responsabile della “valorizzazione patrimonio storico aeronautico” per le celebrazioni dei 100 anni della forza armata: «Appassionato del volo sin da bambino. L’accademia è stata dura, le selezioni sono rigide: il 40% viene scartato»
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ROVERETO. A sei anni fu portato in volo dallo zio Umberto Venturini, corniciaio roveretano con brevetto da pilota privato. E non ebbe alcun dubbio: «Voglio fare il pilota militare». Così Francesco Dante, subito dopo il liceo scientifico, si presentò al concorso per entrare in aeronautica militare a Vigna di Valle.
«Non ho una spiegazione particolare per questa mia passione. In casa mia non ho mai respirato un ambiente militare, anzi. Mio padre, di professione geometra, non era affatto convinto delle mie scelte». Ma Dante, da ragazzo, sognava solo gli aeroplani: «Appena potevo facevo un volo con mio zio a Mattarello, seguivo le manifestazioni aeree e tutto ciò che poteva avvicinarmi al volo». Concorsi, selezioni e addestramenti, fino alla prima assegnazione a Lecce nel 2000: «Ci rimasi per 13 anni. Ero nel 61° Stormo, come istruttore di volo su velivolo jet MB339, lo stesso modello delle Frecce tricolori. Poi sono stato trasferito a Guidonia, dove ho proseguito come istruttore con alianti e con un velivolo a elica».
Dal 2019 il tenente colonnello Francesco Dante è a Piacenza con l'incarico di "Capo sezione valorizzazione patrimonio storico aeronautico". In questo ruolo ha organizzato l'intera parte dedicata ai velivoli storici delle celebrazioni per il centenario dell'Aeronautica militare italiana. «Ho ripristinato un Fiat G-91, il vecchio velivolo delle Frecce Tricolori, dismesso a fine anni '80. Il velivolo è stato portato in volo dal generale in riserva Maurizio Lodovisi alla recente manifestazione a Pratica di Mare».
Come è entrato in aeronautica militare?
«La via principale per entrare è il concorso per Accademia aeronautica con attività di volo che prevede cinque anni di studio, il conseguimento della laurea e una carriera davanti. Oppure il concorso di complemento, quello che ho fatto io, e si va direttamente alla scuole di volo. Nel frattempo, però, con l'Università di Trento avevo già ottenuto il brevetto aliante».
Quali caratteristiche sono necessarie per diventare pilota?
«Non avere particolari difetti fisici ed essere in buona salute. Si devono superare anche molti test psicologici volti a verificare le attitudini. L'aspetto principale però, a mio parere, è il saper lavorare in squadra, cosa che poi si fa per tutta la carriera. Appena entrati in accademia si viene messi alla prova, per vedere come si reagisce e come ci si comporta. Parallelamente c'è la selezione al volo che va a testare capacità e potenziale di proseguire nella carriera. Non tutti soddisfano i requisiti, il 40% viene scartato».
Ha mai avuto dubbi rispetto alla sua scelta?
«I primi mesi assolutamente sì. Mi sono ritrovato in un ambiente militare rigido che mi metteva sotto pressione, psicologica prima che fisica. Viene imposto un modo specifico per compiere le azioni quotidiane, dal rifare il letto allo stare a tavola, fino alle attività di studio e quelle militari. La mattina si hanno a disposizione 15 minuti per svegliarsi e fare il cubo del lenzuolo, vestirsi, farsi la barba, lucidare le scarpe e arrivare al piano. Se anche soltanto uno arriva in ritardo, tutto il gruppo ha un minuto in meno il giorno successivo. Non c'è mezz'ora per rilassarsi, ma è un sistema che crea disciplina. Crea anche un gruppo di fratelli che condividono ogni difficoltà».
Nasce un forte legame tra i piloti.
«È un legame che parte come amicizia ma poi diventa più profondo perché quando si vola ognuno affida la propria vita all'altro. La fiducia reciproca è totale».
Un pilota, nel corso delle recenti celebrazioni, ha definito l'Aeronautica come una "madre" che ti cresce con severità ma non ti abbandona mai.
«È vero, concordo. Con le madri si può litigare, ci sono anche attriti ed è così. Ma quando un momento è delicato e importante, per la salute, per la famiglia o altro, la Forza Armata non ti lascia mai solo».
L'Aeronautica propone anche molte iniziative per i cittadini.
«Sì, tra le attività più belle che ho svolto ci sono i corsi di cultura aeronautica per gli studenti delle scuole superiori. Ogni anno andiamo in cinque città che abbiano un aeroporto nelle vicinanze. Proponiamo lezioni teoriche, meteorologia, aerodinamica. Poi portiamo in volo circa 300 ragazzi in ogni città. Al termine della prima settimana somministriamo un piccolo test, e i primi 100 possono pilotare sedendo accanto all'istruttore».
Esiste una tradizione di piloti in Trentino?
«In relazione alla popolazione trentina la percentuale di piloti è senza dubbio alta. Io lo attribuisco al fatto che andando in montagna ci si fa un'idea di quello che si vede dall'alto e si può arrivare al pensiero del volo. Poi penso che la preparazione garantita dalle scuole trentine sia buona e questo aiuta certamente a intraprendere la carriera in Aeronautica».