Ammazzata davanti alla sua casa di Noriglio, consegnata l’autopsia: due i fendenti mortali per Mara Fait
Questa la conclusione cui è giunta Giovanna Del Balzo di Verona l'anatomopatologa cui la procura di Rovereto aveva affidato l'incarico di eseguire l'autopsia sul corpo dell'infermiera in pensione, la 62enne uccisa da Ilir Shehi Zyba, vicino di casa della donna, reo confesso, in carcere da quella sera
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ROVERETO. Colpita alla testa tre volte ma sono due i colpi di accetta che hanno ucciso Mara Fait la sera del 28 luglio, davanti al portone di ingresso della sua casa a Noriglio. Questa la conclusione cui è giunta l'anatomopatologa Giovanna Del Balzo di Verona cui la procura di Rovereto aveva affidato l'incarico di eseguire l'autopsia sul corpo dell'infermiera in pensione, la 62enne uccisa da Ilir Shehi Zyba, vicino di casa della donna, reo confesso, in carcere da quella sera.
L'arma del delitto era stata individuata immediatamente: era stato l'arrestato, dopo essersi consegnato al comando della Compagnia carabinieri, ad aver detto dove aveva lasciato la sua accetta (nell'orto vicino casa) dopo aver colpito a morte la donna.I tre colpi hanno ferito Mara Fait al capo e al collo. Ma se per l'anatomopatologo il colpo al viso da solo non avrebbe avuto conseguenze letali, sono stati i due fendenti al collo - davanti e dietro - che hanno ucciso la donna. Due ferite inquadrabili in una forma di "decapitazione" atipica che hanno provocato uno shock neurogeno-spinale e una vasta emorragia e di conseguenza l'arresto cardio-respiratorio praticamente immediato.
L'esame delle ferite sul corpo di Mara Fait doveva anche verificare la compatibilità con l'accetta di proprietà di Shehi Zyba e sequestrata dai carabinieri nelle ore immediatamente successive all'omicidio. Accetta che - aveva spiegato lo stesso 46enne ai carabinieri - l'albanese stava usando poco prima del ritorno a casa di Mara Fait. «Stavo facendo la punta ai bastoni per i pomodori» aveva detto e mentre stava entrando nel garage - dove avrebbe lasciato l'utensile - c'è stato l'incontro con la vicina di casa. «Non ho più ragionato - ha raccontato il 46enne - non ho più visto niente».
L'accetta ritrovata nell'orto, di una lunghezza complessiva di circa 60 centimetri con una lama di dieci e dal peso di oltre un chilo, viene considerata compatibile con le ferite sia per il "potere contundente" dato dalla sua massa sia per la lama affilata. Circa la dinamica dell'omicidio, il primo colpo, quello che ha colpito al collo Mara Fait sarebbe stato inferto quando la donna era ancora in piedi, mentre gli altri due l'avrebbero raggiunta quando era a terra, come l'hanno trovata i soccorritori arrivati dopo le diverse chiamate al 112, attorno alle 20.30 della sera del 28 luglio.
La consulenza tecnica della dottoressa Del Balzo è quindi finita nel fascicolo aperto dalla procura della repubblica di Rovereto sull'omicidio di Mara Fait. Fascicolo nel quale, oltre alle parole delle diverse persone che sono state sentite dai carabinieri, finirà anche il risultato della perizia psichiatrica che dovrà verificare la pericolosità sociale di Shehi Zyba e poi la sua imputabilità, ossia la sua capacità (o meno) di assistere al processo.
L'udienza con i periti (Arrighini per il giudice, Bonadiman per la difesa, avvocato Franco Busana, Robotti, nominato dalla pm Viviana Del Tedesco e Palleschi, scelto dal legale di parte civile Nicola Canestrini) è fissata a metà mese.