Giustizia / La vicenda

Dormirono all'ex Gil, vanno a processo, ma si difendono: "Stavamo per morire di freddo"

Gennaio 2021, tre senza dimora si ripararono dal freddo, ma furono scoperti e rischiano una condanna. Anche se lo fecero per evitare la morte (cosa successa a un loro compagno)

di Nicola Guarnieri

ROVERETO. Avevano trovato un rifugio dentro l'ex Gil, edificio di proprietà provinciale abbandonato da tempo e spesso casa di fortuna per i fantasmi di città. Fatti sgomberare e denunciati per concorso in occupazione di edificio. Eppure loro, tre cittadini marocchini ovviamente senza fissa dimora, si erano infilati nei locali vuoti dello stabile di largo Camera di Commercio per sfuggire al gelo dell'inverno e alla pioggia fredda che martellava in quei giorni. Era il gennaio 2021, epoca Covid, e la pandemia aveva messo in crisi soprattutto i centri di accoglienza.

L'inverno, quell'inverno, non perdonava. Tanto che gli stessi imputati per un reato che la difesa chiama «sopravvivenza» non si vedono proprio come criminali: «Quella notte rischiavamo di morire. Non c'era posto al dormitorio, avevamo finito i giorni per stare al Portico e dovevamo trovare un riparo, c'era troppo freddo per dormire all'aperto».

Con loro (uomini che hanno 39, 40 e 41 anni) c'era una quarto denunciato: Maati El Hachimi di 57 anni, il meno giovane, morto proprio di freddo, in solitudine, qualche giorno dopo all'ex Macello di Mori Stazione.

I tre che ieri sono finiti in tribunale per essere processati - l'udienza è stata rinviata al 5 novembre per un difetto di notifica - dopo lo sgombero dall'ex Gil non hanno più visto il compagno di sventura. Hanno saputo dopo che non ce l'aveva fatta, che era stato strappato alla vita dal clima impietoso.Quel girovagare continuo alla ricerca di un riparo, comunque, per la prima volta è arrivato alla sbarra. E l'articolo 633 del codice penale non ammette pietà: «Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 103 a 1.032 euro».

Ma davvero i quattro disperati volevano trarre profitto? No, ed è quanto contesta l'avvocato difensore Alessio Giovanazzi che sta lavorando per un'assoluzione piena. «Mi sembra accertato lo stato di necessità. Non è pensabile un reato di fronte ad un'emergenza palese. É la prima volta che mi trovo un fascicolo così a processo. Si è trattato davvero di cercare di sopravvivere infilandosi in uno stabile abbandonato da anni».

La procura, in vista dell'udienza, starebbe ipotizzando la lieve tenuità del fatto ma la difesa punta decisa sulla non colpevolezza per stato di necessità. «Che era palese. Le temperature rigide di quel periodo se le ricordano tutti, come pure le regole del dormitorio. Dove potevano andare? In strada o sotto un ponte sarebbero morti».

Dopo tre anni, però, ci si trova in aula a palazzo di giustizia con tre senzatetto costretti a difendersi dall'accusa di aver provato a salvarsi la vita, di essere entrati in un edificio diventato negli anni (nonostante una storia gloriosa) proprio un rifugio per disperati. Scoperti, peraltro, da un passante che aveva notato del fumo uscire da una finestra: i quattro compagni di sventura avevano acceso il fuoco per sfuggire alla morsa gelida di una notte di gennaio. Chi ha dato l'allarme, per carità, ha fatto bene. Temeva un incendio, che qualcuno potesse rimanere soffocato. I controlli, per fortuna, l'hanno escluso ma gli occupanti abusivi sono stati allontanati e, appunto, denunciati. Uno di loro non ce l'ha fatta ad arrivare al giudizio, è stato ucciso prima dal freddo.


 

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