Rovereto / Comune

Caso Amadori, Valduga condannato dalla Corte dei Conti, con tutta la ex giunta: "valuterò un ulteriore ricorso"

Sentenza confermata anche in Appello, per l’ex sindaco, tutta la sua giunta e i dirigenti Giuseppe Di Giorgio e Mauro Viesi. Ma il consigliere attacca: "Fui assolto in sede penale, non c'è stato dolo. E soprattutto non si tiene conto della lesgilazione regionale che è diversa"

di Nicola Guarnieri

ROVERETO. La nomina di Mauro Amadori a direttore generale del Comune di Rovereto, anni fa, era illegittima. Lo ha stabilito la Corte dei conti nel giudizio di appello, condannando l'ex sindaco Francesco Valduga, il segretario generale Giuseppe Di Giorgio, il capo del personale Mauro Viesi e la giunta di allora. I giudici contabili romani, però, hanno sforbiciato il danno erariale. Valduga, al quale era stato contestato un danno di mezzo milione di euro, e i dirigenti pagheranno solo circa 40mila euro.

 "La sentenza della Corte dei Conti, giunta ora rispetto al ricorso in appello presentato 3 anni fa, mi lascia stupito, amareggiato e deluso" afferma il consigliere provinciale in una nota. "Stupito perché ancora una volta non si è voluto tenere conto della competenza primaria della Regione sugli enti locali e di come nella selezione ci si fosse mossi in linea con il regolamento degli enti locali della Regione, come ribadito dalla Regione stessa, per due volte interrogata sul tema, e confermato anche in appello da tutti gli avvocati dei diversi dirigenti comunali di Rovereto, Trento e Bolzano coinvolti. Non sono previsti da noi due livelli di dirigenza, se uno può fare il dirigente, può fare anche il direttore generale, perché questa è una funzione che viene attribuita a uno dei dirigenti che però non diventa per questo gerarchicamente superiore agli altri. Pur stupito, come dicevo, vista la nostra Autonomia, prendo atto che l'interpretazione della Corte dei Conti è diversa ma, mi chiedo, come dentro questa difficoltà di interpretazione vista la diffusa diversa valutazione dentro il nostro sistema degli enti locali, si possa considerare questa stessa valutazione come dolosa. Che la si possa considerare errata passi, e allora come Regione dovremo farcene una ragione, ma perché quello che è tecnicamente diffusamente interpretato dovrebbe andare eventualmente oltre la colpa?", si legge ancora nella nota.

"Al riguardo sono amareggiato e deluso perché, oltre a queste considerazioni, abbiamo anche prodotto documentazione di come infatti altre selezioni fatte in passato con altri amministratori e altri tecnici fossero state condotte con la stessa procedura (non era quindi una modalità ad personam). Peraltro l'indagine penale a mio carico avviata nel frattempo sulla nomina e sulla proroga è stata archiviata proprio perchè non si evidenziava l'elemento soggettivo. Prendo atto che a sostenere il dolo ci sarebbero invece le mie dichiarazioni durante l'audizione che io stesso avevo richiesto per spiegare quelle che secondo me erano (e restano) le buone ragioni perché in quella stessa audizione avrei usato il "noi", "l'abbiamo", cioè la prima persona plurale che starebbe a indicare non già quello che per me è un normale modo di esprimersi nel descrivere una modalità di lavoro che dovrebbe essere di parte tecnica e politica insieme, quanto piuttosto la dimostrazione del coinvolgimento in una sorta di "pastetta" decisa insieme o addirittura imposta (dopo 4 mesi che ero sindaco, con la incredibile capacità quindi, senza esperienza, di condizionare comportamenti e valutazioni di stimati dirigenti di lungo corso dei principali Comuni della Regione, nonché della Regione stessa) e prendo atto che a sostenere il dolo ci sarebbero le dichiarazioni, ancora da capire se realmente rese (è in corso causa civile e comunque smentite in appello) da uno degli avvocati dei dirigenti coinvolti e, prima ancora, dal dirigente stesso. Infine, come elemento accusatorio, vengono addotti gli articoli dei giornali in cui si parlava dei "papabili" tra cui si faceva riferimento alla persona che poi sarebbe stata incaricata, quasi a dire che l'intuito dei giornalisti sia prova di malafede. Ecco tutto questo starebbe alla base della dimostrazione di una condanna per dolo che non merito, e che la mia famiglia non si merita", scrive ancora Valduga nel suo lungo intervento.

L'ex candidato alla presidenza della Provincia per il centrosinistra prende però "atto con favore che il nostro ricorso è stato almeno parzialmente accolto visto che il "danno" è stato di molto ridimensionato (dagli oltre 500000 euro che chiedeva la procura a circa 80000 da dividere fra 3 persone) ma questo non è per me sufficiente per sospendere la valutazione che farò nei prossimi giorni con i miei avvocati per eventuale ulteriore ricorso in altro grado di giudizio". 

 

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