Bella la mostra su Iras Baldessari, ma la Magistratura sequestra i quadri «preventivamente»
Appena chiusa l’esposizione al Museo della Città, sono scattati i provvedimenti dopo l’esposto dell’antiquario Cappelletti su presunti falsi da accertare
ROVERETO. C'è una sola ed unica certezza nella vicenda dei presunti falsi di Iras Baldessari: parte delle opere esposte al Museo della città per la personale dedicata all'artista futurista è stata posta sotto sequestro per ordine della Procura della Repubblica.
Un sequestro in via cautelare per consentire ai periti che verranno nominati di esaminare i quadri che in qualche modo «possono destare sospetti sulla loro autenticità».
Il sequestro è avvenuto all'indomani della chiusura della mostra l'8 settembre. Nessuno, al momento, ha accertato l'eventuale falsità delle opere esposte così come nessuno risulta indagato: un fascicolo è stato aperto soltanto contro ignoti. Sulla questione massimo è il riserbo della Procura: «Stiamo lavorando nel silenzio per non creare clamori inutili. L'unico obiettivo - spiega la procuratrice capo della Repubblica Orietta Canova, titolare dell'indagine - è quello di accertare se esiste un problema o meno di autenticità di alcune opere di Baldessari. La procura sta procedendo con degli accertamenti e siamo ancora in una fase di grande lavoro e di studio. Soltanto al termine di un'attività di indagine particolarmente attenta e riservata sapremo esattamente come stanno le cose».
Il caso dei presunti falsi di Baldessari esposti a palazzo Sichardt era stato sollevato pochi giorni dopo l'apertura della mostra da Giancarlo Cappelletti, 82 anni, antiquario ed esperto d’arte residente a Folgaria, ex gallerista e per anni collaboratore di Philippe Daverio, secondo il quale ci sarebbero alcune "anomalie" in alcune opere dell'artista futurista mettendo così in dubbio la sua paternità.
La questione era arrivata al Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri e sul tavolo della procura della Repubblica. A mostra in corso più volte gli uomini dell'Arma hanno effettuato visite al Museo della città, ma è solo a mostra chiusa che scatta il sequestro delle opere dubbie per evitare che venissero riconsegnate ai loro proprietari prima della fine delle indagini.
La notizia, pubblicata da un quotidiano nazionale, non è passata inosservata anche perché, dice il curatore Maurizio Scudiero, «sono state scritte cose false. Non c'è perizia che afferma la falsità delle opere, nel decreto di sequestro si parla di fondati sospetti. E non è che siano state sequestrate perché false, ma per "immobilizzarle" in attesa di ulteriori controlli. Non vi è nessun indagato: né io, né qualcuno del Museo. E Federico Zanoner (ricercatore e curatore del Mart ndr) ha confermato l'autenticità delle opere dopo alcune perplessità iniziali. Infine Cappelletti vero esperto? Ma per favore...».
In tutta questa vicenda cosa c'entrano il Mart e il presidente Vittorio Sgarbi? Il Mart ha collaborato con il Museo civico mettendo a disposizione una decina di opere e Sgarbi ha scritto la prefazione del catalogo. «La questione Baldessari è una questione insignificante, non ci sono problemi. Il resto sono costruzioni così... Le nostre opere sono sicuramente buone» taglia corto il presidente del Mart, secondo Scudiero «il vero obiettivo dell'attacco del giornale».
«L'attacco al Mart e al presidente Sgarbi è del tutto pretestuoso» aggiunge il vicepresidente Silvio Cattani. Per il presidente della Fondazione Museo civico Giovanni Laezza «abbiamo agito in quello che riteniamo il modo migliore coinvolgendo esperti di chiara fama ed il Mart. Abbiamo collaborato con l'autorità giudiziaria e stiamo aspettando l'esito delle indagini in corso. Siamo convinti che le opere siano autentiche, ma se per caso risultasse che non sono autentiche è chiaro che noi risulteremmo la parte lesa di questa vicenda e non esiteremo ad agire contro chiunque ci avesse procurato un eventuale danno di immagine».