Archeologia / Rovereto

Lo scalone di ferro ai Lavini? Il duro no di Italia Nostra: «Chiediamo che venga smantellato immediatamente»

L’associazione critica la scelta progettuale, ma anche la Provincia: «Dov’è la tutela dell’ambiente che viene tanto sbandierata?»

ROVERETO. La passerella sulle Orme dei dinosauari ai Lavini di Marco sta facendo irritare anche Italia Nostra. «Scempio su scempio, si continua ad offendere e a sfregiare il paesaggio trentino, soprattutto là dove più notevoli sono i pregi ed i valori che lo caratterizzano. Si rimane sconcertati dal fatto che ultimamente, per valorizzare i beni paesaggistico-ambientali, si mettono in atto progettazioni insensibili al contesto, invasive, pesanti, specchio di arroganza e ignoranza. Ma dov’è la tutela della Provincia tanto decantata in sede di conferenze e convegni, soprattutto fuori Trentino?

Ma si tiene mai conto della normativa di settore in vigore o dell’assunto della Costituzione che, all’art. 9, dichiara che la Repubblica tutela, insieme al patrimonio storico e artistico della nazione, anche il paesaggio? Quelli della salvaguardia sono concetti faticosamente elaborati nel corso degli ultimi 50 anni o ormai sono solo diventate parole-paravento che deliberatamente s’intende svuotare di senso? Ciò che più sconcerta è che quella dei Lavini non è neppure un’opera a servizio di forti interessi economici, quelli che sempre più spesso vengono imposti anche a discapito del bene comune. Questa è un’opera che doveva essere “di servizio”, utile per poter percorrere quel territorio così prezioso, perché testimone della presenza dei dinosauri duecento milioni di anni fa. Ma a maggior ragione – dice il sodalizio – in quanto portatrice di una funzione pubblica, quest’opera non poteva prescindere da una progettazione rispettosa dei luoghi. La progettazione è un’operazione che richiede competenza, cultura e sensibilità. Non basta il puro tecnicismo per operare sul paesaggio ma è indispensabile un’attenta capacità di lettura del contesto, di valutazione dei pregi, di conoscenza e di rispetto dei limiti. È operazione che sottende la capacità di definizione di princìpi progettuali e di linee guida sul possibile inserimento nel luogo di forme, volumi, materiali. Solo successivamente è possibile tracciare le soluzioni più consone. Questo caso increscioso dimostra invece che tutte le considerazioni sul contesto sono state omesse, seguendo l’unica traccia progettuale di un percorso artificiale e artificioso, che vuole portare il visitatore a “dominare” il paesaggio da una posizione sopraelevata, per godere dall’alto della vista delle famose orme.

Una soluzione formale che dimostra un tecnicismo standardizzato, pesante, che ha forgiato forme spigolose e aggressive, dove la selva dei sostegni dei parapetti ci riporta l’immagine di una fitta presenza di “costolature” che si alzano appuntite verso il cielo. In questo contesto il percorso avrebbe dovuto essere complanare al terreno, senza parapetti, e snodarsi armoniosamente lungo il tracciato. Una soluzione che avrebbe avuto anche un costo notevolmente inferiore. Quanto realizzato risulta un intervento inaccettabile, un mostro appoggiato sulle pendici dei Lavini. Un affronto che chiediamo con forza di risanare immediatamente, nell’unico modo possibile: mediante lo smantellamento delle dure passerelle metalliche».

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