Gusto / Bere

La Treccani inserisce "pommelier", il sommelier del sidro (il primo in Italia è un roveretano)

Marco Manfrini, 38 anni, esperto assaggiatore: «mia zia vive in Inghilterra da 30 anni e là ho conosciuto la bevanda. Ora spero di portare qui la certificazione»

di Laura Modena

ROVERETO. "Professionista dell'assaggio e del servizio del sidro". È questa la definizione che il vocabolario Treccani dà del termine "pommelier", neologismo entrato a pieno diritto nella lingua italiana e ufficializzato il 3 gennaio con l'uscita del "Libro dell'anno" dell'illustre enciclopedia. L'origine del termine? Tutta roveretana, dato che il primo pommelier del Belpaese è stato Marco Manfrini, 33 anni, indiscusso orgoglio della città della Quercia. E ora citato dalla Treccani.

«Non ne sapevo nulla - racconta Manfrini - ho appreso anch'io del neologismo in questi giorni da giornali e telegiornali nazionali. Certo, una bellissima notizia».

Un passo avanti nel mondo del sidro, dunque? Il fatto che la Treccani riconosca la professione del pommelier è sicuramente un ottimo segnale per il settore del sidro e una conferma della sua evidente espansione. D'altro canto è anche molto gratificante, perché è il riconoscimento dell'impegno di tutte le persone coinvolte nella promozione della cultura del sidro.

Ad oggi in Italia sono presenti quattro pommelier, me compreso, mentre due anni fa è nata anche l'associazione nazionale "Pommelier e assaggiatori di sidro" della quale sono presidente. Quattordici soci attivi che si occupano di sostenere una serie di progetti divulgativi sul mondo del sidro, ad esempio ora stiamo promuovendo il documentario "Sidro - il metodo italiano" del regista Albert Minibaev finanziato con un crowdfunding e prossimamente parteciperemo a un festival nazionale del sidro a Bologna.

E sono attivi da tempo anche altri progetti. Sì, e si tratta di iniziative che aiutano chiunque a introdursi a questo settore, come il libro di Slowfood "Ciderology" che noi abbiamo aiutato a rendere nella versione italiana. Oppure il capitolo della "Guida alle birre d'Italia 2025", sempre di Slowfood, interamente dedicato al sidro, con 46 produttori italiani e 131 sidri differenti recensiti.

Altro progetto importante è la mappa presente sul sito dell'associazione e su trovasidro.it che indica tutti i produttori di sidro in Italia con gli shop e i ristoratori aderenti.

Da dove è nata questa sua passione per una bevanda ad oggi ancora non così diffusa?

Mia zia da oltre 30 anni vive in Inghilterra, un Paese dove il sidro viene abitualmente consumato. In passato, ogni volta che andavo a trovarla, poi tornavo in Italia e mi chiedevo il perché qui non si conoscesse. Così nel 2018 ho iniziato a produrlo io.

Come valuta oggi il mercato del sidro?

Ovviamente è in crescita perché siamo partiti da zero. Io penso possa rappresentare anche la possibilità di una grande rivalutazione dell'ambiente di montagna, dato che le mele si producono più in quota rispetto all'uva.

Chi è oggi il consumatore tipico di sidro?

Si tratta di un target trasversale. I clienti sono gli stessi che comprano dagli enologi che producono vino di mele, dai birrai che inseriscono il sidro nella linea di produzione e dai frutticoltori che intendono valorizzare la mela. Se oggi parliamo di sidro troviamo i giovani che lo consumano perché lo hanno conosciuto viaggiando in Europa, e i meno giovani che lo ricordano come il "vino di mele" della tradizione, una bevanda proletaria.

Dopo un riconoscimento così importante come il neologismo della Treccani, cosa la attende ora?

Intanto la prossima settimana sarò in Svizzera in qualità di giudice al festival internazionale "Swiss cider award" aperto ai produttori. Pensando al futuro, spero di riuscire a portare in Italia la certificazione di "pommelier", attualmente conseguibile solo in Inghilterra e negli Stati Uniti. Sarebbe un altro grandioso traguardo per il mondo del sidro italiano.


 

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