Circonvallazione ferroviaria di Trento: mezza Malvasia da abbattere (e le case che resteranno in piedi da evacuare per anni)
Iniziati i colloqui con i proprietari degli edifici interessati al cantiere della Tav: 22 appartamenti demoliti, i lavori inizieranno nel gennaio 2023, dalla prossima settimana i sopralluoghi di Italfer. Ma non ci sono ancora indicazioni sui prezzi dei risarcimenti
INCHIESTA Tutto quello che c'è da sapere - Video
LA MANOVRA 1,7 miliardi di investimenti, in tutto 4 miliardi e mezzo
IL PROGETTO Entro il 2026 la nuova ferrovia: circonvallazione prioritaria
I CANTIERI Circonvallazione: i dubbi delle associazioni e le risposte del sindaco
INTERVISTA L'assessore Ezio Facchin: ecco come sarà lo scenario futuro
IL NODO Gli scavi nei terreni dell’ex Carbochimica e della ex Sloi
TRENTO. «Non sappiamo dove saremo tra un anno, come cambieranno le nostre vite. E quello è un danno incalcolabile, difficile da ripagare». È l'incertezza il dramma degli "abbattuti". Così Michela Bonafini definisce quelli che come lei vivono e lavorano in quella fetta di città compresa tra via Brennero e via Malvasia.
Una fascia urbanizzata sotto la quale, a una decina di metri di profondità, passerà l'ultimo tratto della circonvallazione ferroviaria, palazzi che dovranno essere rasi al suolo causa incompatibilità con scavo e vibrazioni.
Il progetto di Rfi ha colto di sorpresa residenti e proprietari. La maggior parte ha saputo del loro destino vedendo la foto di casa sulle pagine del giornale. Una scoperta traumatica per molti.
Sono 22 gli appartamenti che cadranno sotto le ruspe mandate da Rfi, per un totale di una cinquantina di persone. Gente che in pochi mesi dovrà rifarsi il "nido" da un'altra parte, e rifarsi casa significa spesso cambiare vita, specie se si hanno dei figli che frequentano le scuole della zona o semplicemente si vive nella stessa casa da decenni. Oppure se in quegli edifici si lavora, in un ufficio o magari in un negozio che sradicato da un contesto dovrà ripartire da zero.
«Conosco un signore che abita in via Brennero e che è caduto in depressione da quando ha saputo» racconta un'abbattuta, una donna che in forma anonima ha già raccontato sull'Adige il suo dramma personale: l'acquisto della casa della vita, a lungo meditato e ponderato, il faticoso trasloco e la gioia subito soffocata dalla ferale notizia.
Ora la domanda che molti si fanno è se apprensioni e incertezze potranno essere ripagati, se troveranno risposta tangibile nei 53,9 milioni di euro che i progettisti hanno calcolato come cifra complessiva per gli espropri.
Nei giorni scorsi sono iniziati gli incontri tra i tecnici di Italferr, il «mediatore» Bortolotti e i proprietari. Un approccio iniziale per spiegare procedure e tempi ma che non è entrato nel merito delle singole situazioni. Una cosa però è stata data per certa e cioè che tra un anno la zona dovrà essere evacuata. I cantieri infatti, secondo il cronoprogramma, partiranno a gennaio 2023.
Nel corso dei colloqui, avvenuti nella sede comunale di TrentoLab, gli espropriandi hanno ricevuto le prime sommarie informazioni da due funzionari di Italferr affiancati dall'architetto Chiara Tonelli e dall'ingegner Claudio Bortolotti che per conto del Comune cercheranno di perorare le ragioni dei residenti. In alcuni casi era presente anche l'assessore comunale alla mobilità Ezio Facchin.
Gli incontri si concluderanno nei prossimi giorni, poi, già dalla prossima settimana, inizieranno i sopralluoghi, casa per casa, per verificare lo stato di manutenzione delle abitazioni. Le tabelle di riferimento delle quotazioni di mercato indicate dall'Osservatorio del mercato Immobiliare dell'Agenzia delle entrate, utilizzate da Rfi per calcolare lo stanziamento di massima, saranno solo una base di calcolo ma ogni situazione andrà poi valutata singolarmente.
«La prima impressione è che ci sia disponibilità, un atteggiamento propositivo» commenta una residente. «Non si sono sbilanciati sui criteri di esproprio» spiega un altro. Quasi nessuno in questa fase vuole metterci la faccia, quasi tutti si dicono pronti a dare battaglia pubblicamente se le proposte di Rfi risulteranno insoddisfacenti.
Tra i proprietari c'è anche chi vede tutto sommato l'esproprio e l'opera in maniera positiva. Per loro, che saranno ristorati e potranno investire altrove il gruzzoletto liquidato, ma anche per il quartiere che si ritroverà con un nuovo spazio da riempire con una piazza, un parco o un parcheggio.
I più penalizzati rischiano di essere gli affittuari, che dovranno cambiare casa e si vedranno probabilmente ristorati delle sole spese di trasloco (ammesso che i mobili siano di loro proprietà).
Infine – ma ancora non c’è comunicazione ufficiale – altri palazzi non verranno abbattuti ma potrebbero essere «evacuati» per la durata del cantiere. Con i proprietari o gli abitanti che dovranno lasciare la casa (si parla di 4 anni) per poi rientrare a fine lavori. Ed è forse la situazione più grave.