Via libera alle casette, caldarroste senza brulè: la giunta comunale applica un regolamento del 2010
Già negli anni scorsi la querelle era scoppiata: per via della pandemia era stata vietata la vendita di vino. Apriti cielo. Un po' la clientela era insorta, ma soprattutto i titolari delle licenze, che si erano visti decurtare probabilmente la principale fonte di guadagno. Da lì era iniziata una vertenza davanti alla giustizia amministrativa, che non si è ancora definita
TRENTO. Per adesso niente brulè, quando tra un paio di settimane il Tar si pronuncerà definitivamente sulla querelle, si vedrà. Ma per adesso niente: tornano solo le caldarroste. Ma quelle sì, arriveranno. Non serve scomodare Proust per dire che ci sono sapori e profumi che rimandano direttamente ad atmosfere e sensazioni. Che un po' sanno d'infanzia e un po' sanno di tradizione. Ma sempre sanno di buono.
Ecco, non è autunno senza le caldarroste, che ti anneriscono le mani e ti riportano all'infanzia, e non c'è Natale senza vin brulè. Tra coloro che il brulè lo garantivano ai passanti c'erano, fino all'anno scorso, le casette di legno sparse per il centro, che proponevano caldarroste, appunto, e brulè.
Già negli anni scorsi la querelle era scoppiata: per via della pandemia era stata vietata la vendita di vino. La casetta del brulé, questa la motivazione all'epoca, finiva per creare degli assembramenti ingestibili, dal punto di vista della sicurezza sanitaria, nonostante si parlasse di consumo all'aperto.
Apriti cielo. Un po' la clientela era insorta, ma soprattutto i titolari delle licenze, che si erano visti decurtare probabilmente la principale fonte di guadagno. Da lì era iniziata una vertenza davanti alla giustizia amministrativa, che non si è ancora definita: i giudici hanno concesso ai titolari delle casette in questione la sospensiva perché «pare evidente che se la motivazione fondamentale dei provvedimenti dovesse risiedere nella necessità di evitare assembramenti di persone tali da costituire pericolo per la diffusione del contagio, non è dato di comprendere il motivo per cui la vendita delle sole caldarroste risulterebbe in tal senso tollerabile rispetto a quella temporaneamente aggiuntiva, presso il medesimo esercizio commerciale, del vin brulè».
Questa era la sospensiva. Tra qualche settimana dovrebbe esserci la sentenza nel merito. Ma questo, comunque, era il 2021. Nell'attesa, ecco che la giunta si muove e blocca le aspettative sul nascere. Nelle casette si potranno trovare solo le castagne. Il ragionamento dell'attuale delibera, che dà il via libera alle caldarroste, è piuttosto tecnico. Le licenze - si ricostruisce nella premessa dell'atto - erano state date in forza del regolamento del commercio su area pubblica, nell'ormai lontano 2007. All'epoca accanto alle caldarroste si poteva somministrare il brulè. Tre anni più tardi - era il 2010 - il nuovo regolamento comunale vietava la vendita di alcolici, ma prevedeva delle deroghe, per i periodi particolari.
Il Natale è uno di quelli. Ci sono i mercatini. Nel 2020 le concessioni sono scadute, e il Comune le ha rinnovate. E qui sta il nodo, secondo palazzo Geremia: «Trattandosi di rinnovo di concessioni, scadute e non di proroga del precedente titolo - si legge in delibera - le nuove concessioni sono state rilasciate in aderenza del suddetto regolamento del commercio su area pubblica, riportando la possibilità di vendere caldarroste con l'espressa indicazione di divieto di vendita di prodotti diversi». Quindi non c'entra la pandemia. C'entra l'applicazione del regolamento. Vicenda finita? No. Anche perché intanto su quelle casette c'è pendente un Tar. Poi si vedrà.