Anche il Trentino è al fianco dei manifestanti in Iran: chieste iniziative al governo
La comunità iraniana si è riunita oggi in piazza d'Arogno per alzare la voce in difesa dei diritti, con il supporto della Cgil del Trentino. Dall'inizio della repressione delle proteste in Iran oltre 400 morti e 16.800 arresti
TRENTO. Nella mattinata di oggi, sabato 19 novembre, la città di Trento si è unita alla comunità iraniana trentina per partecipare alla manifestazione solidale che segue le proteste dilaganti in atto nel paese mediorientale dal 16 settembre.
Una cinquantina le persone che si sono date appuntamento oggi, in piazza Adamo d'Arogno, per dimostrare contro il violente regime della repubblica islamica e per manifestare sostegno alla rivolta in corso.
Ma sono scesi in piazza anche per chiedere che il govenro italiano prenda iniziative per fiancheggiare la protesta democratica avviata dalle ragazze iraniane e rapidamente allargatasi in tutto il paese.
L'Italia, come gli altri Paesi occidentali, sta facendo troppo poco per sostenere chi si batte per la democrazia rischiando concretamente di pagare con la vita questa lotta di libertà.
"Le proteste in Iran non si fermano - ha scritto Cgil - non si deve fermare la nostra solidarietà verso quanti rischiano la vita per chiedere libertà, diritti. A tre anni dalla repressione della protesta del 19 novembre 2019 questo sabato, 19 novembre, siamo in piazza accanto alle iraniane e agli iraniani che vivono in Trentino per ricordare le vittime di ieri e di oggi. Perché non cali il silenzio sulla mobilitazione delle donne e degli uomini iraniani."
Intanto, hanno superato quota 400 i manifestanti uccisi in Iran dall'inizio della repressione delle proteste, tra cui quasi una sessantina di minorenni. Sono i numeri a dare il quadro della situazione nella Repubblica islamica, paese sconvolto dalle manifestazioni scatenate dalla morte di Mahsa Amini a metà settembre.
A tracciare i bilanci delle vittime del regime teocratico sono come sempre gli attivisti in difesa dei diritti umani che aggiornano quotidianamente i loro bollettini.
Sconcertano anche gli arresti dall'inizio delle rivolte, oltre 16.800 persone, mentre l'agenzia Onu per l'infanzia, Unicef, si è detta profondamente preoccupata, chiedendo che si fermi il massacro.
Nella provincia occidentale del Kurdistan, oggi hanno invece perso la vita almeno tre manifestanti, ha riportato il gruppo Hengaw, che monitora gli abusi nelle aree curde. Si tratta di una regione particolarmente calda, dove la notte scorsa si sono registrati forti momenti di tensione quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro i membri di una famiglia che in un ospedale di Bukan stava piangendo un manifestante ucciso, Shahryar Mohammadi, ferendo almeno cinque persone. Le Guardie rivoluzionarie hanno quindi trafugato il corpo del dimostrante per seppellirlo in un luogo segreto.
Episodi raccapriccianti che si sommano alla retorica politica della Guida suprema Ali Khamenei, che ancora una volta ha puntato il dito contro l'Occidente per le proteste anti-governative, invitando poi la magistratura a compiere il suo dovere affrontando con forza i "ribelli". "Gli americani si sono opposti alla Repubblica islamica con l'aiuto del regime sionista, e di alcuni Stati regionali, ma hanno fallito", ha poi aggiunto Khamenei.
A rincarare la dose il ministero degli Esteri iraniano che ha denunciato "il silenzio deliberato dei promotori stranieri del caos e della violenza in Iran" che "non ha altra conseguenza se non quella di incoraggiare i terroristi".
La forte tensione che si sta vivendo all'interno della Repubblica islamica ha avuto anche riflessi all'estero, come in Qatar dove si giocano i Mondiali.
I riflettori sono puntati sulla delegazione di Teheran, dove due giocatori, il secondo portiere Hossein Hosseini e l'attaccante Vahid Amiri, hanno inviato le "condoglianze alle famiglie" delle vittime e hanno espresso "la loro solidarietà" ai manifestanti.
A Londra invece veicoli della polizia e agenti armati sono stati schierati davanti alla sede della televisione in lingua persiana Iran International, dopo che la stessa emittente aveva denunciato che due suoi giornalisti hanno subito minacce di morte dalle Guardie Rivoluzionarie.